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SANTA
BARBARA
1)
- INTRODUZIONE:
Nella comunità di Aidomaggiore è molto vivo e sentito il
culto in onore di Santa Barbara vergine e martire di Nicomedia.
Con grande devozione i fedeli accorrono numerosi nella sua
chiesa campestre, tre volte all'anno. Il tre e quattro
dicembre, per la festa liturgica religiosa. Si inizia con il
vespro la vigilia, sul tardi si recita il rosario, l'indomani
messa solenne.
In questa celebrazione inizia il suo servizio il nuovo
Procuratore, che resterà in carica fino alla festa grande di
Agosto.
A Maggio si celebra la novena, che un tempo era la più
partecipata perché ad agosto le donne dovevano preparare in
casa per dare degna accoglienza agli ospiti. Questa novena
inizia il venerdì dopo il quattordici maggio, festa di Santa
Greca, e termina il sabato della settimana Successiva.
L'ultima domenica di Agosto si celebra la festa grande, la
principale del paese. Comporta anche festeggiamenti civili
oltre quelli religiosi. La novena inizia il venerdì dopo la
festa dell' Assunta, termina il sabato della settimana
successiva.
In tutte e tre le celebrazioni il procuratore si prende cura
della chiesa: apre, chiude, custodisce gli arredi, la prepara,
cura le celebrazioni specie notturne.
Ogni sera si celebra la messa e la novena. Di notte dopo cena
vengono cantati il rosario e i gosos della Santa. L'ultima
notte, durante il canto dei gosos viene portata la statua
piccola nei muristenes dei noveranti. Santa Barbara ricambia
la visita che i devoti le hanno fatto durante i nove giorni
della novena. Terminata la visita dei muristenes, si
concludono i gosos in chiesa e poi si inizia Su Prozettu.
Consiste in una pubblica asta di oggetti, regali, cibi, dolci
procurati o offerti dal procuratore e da altre persone. Il
ricavato va a beneficio della chiesa. Fino a tardi si
festeggia con i soliti divertimenti.
2) CULTO DI SANTA BARBARA
NEL PAESE DISTRUTTO DI RUINAS
Quando iniziò il culto e la festa di Santa Barbara? Quando fu
edificata la prima chiesa? Da chi soprattutto fu edificata?
Non fu costruita dai fedeli del paese di Aidomaggiore ma dagli
abitanti di Ruinas, villa che si estendeva nelle
vicinanze. Nei pressi dell'attuale Santa Barbara, nella
piccola valle attraversata da un ruscello sono visibili tracce
di un antico insediamento: pietrame, frammenti fittili, tracce
scomposte dai lavori agricoli dei secoli successivi. I resti
più importanti del paese scomparso sono costituiti da due
fontane a pochi metri dal letto del ruscello, dette dalla
gente fonti o sorgenti di Santa Barbara.
I devoti che sostavano durante le novene venivano qui ad
attingere l'acqua per le necessità domestiche, fino a quando
il Comune non ha provveduto a far arrivare l'acqua
dell'acquedotto. La gente attribuisce virtù medicinali
all'acqua di queste fontane, come viene cantato nei gosos:
“Cun cuss'abba meighinosa-ch’azzis in sa domo bostra".
Queste fontane per la prima volta sono state ben descritte e
riprodotte dalla prof.ssa Maria Manconi Depalmas nel libro
“Il Guilcieri” pag. 91 e foto n. 9- 10 –11 e 12.
Una fontana è di forma rettangolare larga m. 2,50 e profonda
m. 3. L'interno è in parte riempito di terra, perché non più
pulita da quando non viene più utilizzata l'acqua. I muri
sono realizzati in pietre di piccole o media dimensione. La
copertura è a botte, vi si può accedere attraverso un arco
semi circolare. Al lato dell'ingresso su una pietra, la
Manconi, vi ha letto la data 1220.
L'altra fontana è ugualmente a forma rettangolare, vi si
accede mediante due scalini. E' lunga m.3,10 e larga m. 2.
All'ingresso è alta m. 1,65. Qui, sopra un grande architrave,
c'è una pietra a forma trapezoidale nei tre lati inferiori e
terminante a punta in alto. In questa pietra c’è
un'iscrizione, solo in parte leggibile perché corrosa in
diversi punti. Vi si legge: “Restaurata per grazia concessa,
da Antonio Diego... per S. Barbara M S 1668”. L 'iscrizione
è in caratteri romani e i numeri in lettere arabe. Ai due
lati della fronte si dipartono due bracci in muratura di
dimensioni e andamento diseguali che formano una specie di
esedra.
Oltre queste due testimonianze murarie, riguardo a Ruinas si
hanno varie testimonianze scritte.
Ruinas è nominata nell'anno 1242 nel Condaghe di Santa Maria
di Bonarcado, scheda n. 32, con le parole: "Bau de Ruinas".
Nella scheda n. 19 è nominata: "Bia qui benit ad
Orruinas".
Questo cammino è il sentiero, ora asfaltato, che va su verso
Santa Maria, denominato oggi
"camminu Creccu 'e Piskinas". Qui passò il
vescovo Visconti, nel suo viaggio da Bonarcado ad Ottana, per
scendere dalla domestia di Olmetum o Mura Ulumos,
località oggi denominata “Mura Urmu”,
dove passò la notte del venerdì 18 maggio 1263 per
raggiungere Ottana il giorno seguente, il sabato vigilia di
Pentecoste. Passando a Ruinas una strada obbligata, per
scendere dall’altipiano verso la valle, ciò fa capire
quanto questa villa godesse di una certa importanza.
La rilevanza di Ruinas
derivava anche dai ricchi possedimenti, che la Casa di Arborea
aveva nelle vicinanze. Tali proprietà si estendevano fino
alla zona: "Sa Mura 'e Logu" e più in alto, verso
l'altipiano, dove sorgeva la villa di Uras. Ne parla Ugone II
nel suo testamento del 1336, riportato dal documento
XLVIII, pagina 705 del Codex Diplomaticus Sardiniae del
Tola.
Qui Ugone stabilisce: " Marianus de Corogno dilectus
nepos noster tenere dignoscitur villam nostram vocatam Ruinas"
positam in parte Giulciani et saltum nostrum de Uras positum
in confinibus dicte ville que est nunc distructa". |
Da
questo documento si viene a sapere che Ugone lascia in
eredità al diletto nipote Mariano de Corogno la villa di
Ruinas e il saltum di Uras, villa distrutta.Ruinas
è detta Nostram , il nipote al quale è destinata è Dilectus
, questo fa pensare quanto Ruinas stesse a cuore ad Ugone, che fosse
una villa di una certa importanza, che godesse di particolari
attenzioni da parte del giudice.Il
lascito del “saltum nostrum de Uras”, fa conoscere che la
villa Uras nel 1336 fosse distrutta e spiega il significato del
toponimo attuale “Mura e logu” esistente nella zona, come
territorio, un tempo, pubblico, demaniale, di proprietà del
Giudice. Nelle vicinanze ci sono anche i toponimi: “Coronzu e
Pedra Mariana”. chiaro riferimento a Mariano de Corogno, al
quale il territorio fu lasciato in eredità dal nonno Ugone.
Altra menzione di Ruinas si ha nel 1342. Infatti dal libro: "Ratio
decimarum" di Pietro Sella n. 959 si sa che in quell'anno
il rettore di Ruinas Armaldo Martini pagava come decima alla sede
apostolica: “Alfonsinorum lib. I, Sol. X”.
Anche la menzione al n. 1846, per gli anni 1346-1350: "Pro
ecclesia de Solli et Romas lib. unam et Sol. duodecim,
sarebbe da riferire a Ruinas, perché non esisteva nessuna Romas
nella diocesi di Santa Giusta.
Ruinas è nominata per l'ultima volta in un documento pubblico nel
1388. Infatti non è nominata per niente dal Fara nel "De
Chorographia Sardiniae" e neppure nel "De Rebus Sardois",
scritti verso il 1584. A questa data non esisteva più.
Nel 1388 i giurati, cioè i rappresentanti ufficiali di Ruinas,
parteciparono ad Abbasanta alla ratifica della pace tra Eleonora d'
Arborea e Giovanni d'Aragona. Dal loro numero si può arguire che
fosse una villa di una certa consistenza. A capo c'era il Majore
Dominico Pala, poi Antonio Lopinu, Antonio de Nuraghe, Joanne Simala,
Nicolau Cauli, Joanne de Serra, Petro Urghe; cfr. Tola-doc.CL-
pag. 839, anno 1388.
Si ignora l'anno in cui la villa di Ruinas fu abbandonata. Il
Lilliu ci informa che tra la fine del XIV e il XV secolo ben 550
villaggi, su 1100 di cui si abbia notizia, furono abbandonati dai
loro abitanti. Di tanti paesetti restò in piedi solo la chiesa e
questo spiega perché tante chiese si ergono solitarie nelle
campagne sarde. Sarà stata una carestia più dura del solito o una
peste più forte, che portò quasi allo spopolamento, spingendo i
pochi superstiti a trasferirsi nella località più salubre di
Aidomaggiore che era già una villa popolata e ricca. La chiesa di
Santa Barbara non fu abbandonata e benché in condizioni precarie
continuò ad esser luogo di culto e oggetto di attenzione e
venerazione. Già si è detto che nel 1668 fu restaurata la fontana
in onore di Santa Barbara. Nei registri parrocchiali sono annotati
beni o somme lasciati alla detta chiesa, come risulta nell'anno 1675
Juan Bras Putzulu lascia tres sueldos. Nel 1682 Catelina Mureddu
lascia seis dineros. Nel 1691 Agnesa Cau lascia tres callaresos e
Catellina Tore tres callaresos. Nel 1692 Antonia Ara Falcon lascia
una tentorgia de bulu (giovane vacca). Nel 1694 Simon Porcu lascia
un sueldo, Hjlario Flore lascia cinco sueldos. Nel 1696 Rosangela
Quessa lascia dos reales.
Nel 1701 gli eredi del sacerdote Lorenzo Sanna. regalarono alla
chiesa di Santa Barbara un calice d'argento, dove si legge: "CaJix
iste in Hon. S. Barbarae ex bonis sac. Laurent Sanna AD. MDCCI-XXIV
MAII". Questo
calice esiste ancora ed è conservato tra gli arredi preziosi della
parrocchia.
Sarà stata Santa Barbara la patrona e la titolare della parrocchia
di Ruinas?
Quanto detto e il fatto che la chiesa si sia conservata nel tempo,
nonostante le tante vicissitudini, fa propendere per una risposta
affermativa, ma non possiamo esserne certi. Probabilmente a Ruinas
c’era anche il culto a Santa Lucia. Infatti nelle vicinanze c'è
il toponimo: “ponte di Santa Lucia” e una delle fontane
sopradette è denominata “fonte di Santa Lucia”. Questo induce a
credere che nei pressi ci fosse la chiesa e il culto anche in onore
di questa Santa . Il professor Carlo Masia negli anni 60 ne era
convinto, perché individuò tracce di costruzione in pozzolana,
malta nobile, usata solo per gli edifici importanti come le chiese e
i castelli. Dalle tracce rilevate, la chiesa risulterebbe ubicata
vicino al ponte detto di Santa Lucia, in parte dove è stata fatta
la strada provinciale e in parte nell'ingresso del terreno fra detta
strada e l'inizio del sentiero Creccu 'e Piskinas.
Una volta abbandonata Ruinas, non si potevano tenere aperte due
chiese in campagna, l'una vicina all'altra. Continuò e si conservò
il culto a Santa Barbara, forse la sua chiesa era più bella, più
solida, più importante, certo quella esistente fino al 1954 era la
più grande fra tutte le chiese campestri della zona. Restato
disabitato il paese, fu abbandonata o decadde per vetustà la chiesa
di Santa Lucia e il suo culto trasferito con gli abitanti di Ruinas
nel paese di Aidomaggiore, dove Santa Lucia è venerata ancora oggi
in un bell' altare marmoreo e festeggiata solennemente con la
presenza anche dei devoti dei paesi vicini. Tante domande alle quali
in futuro si spera di dare risposta.
3)
LA CHIESA DI SANTA BARBARA
Se, come dicono gli storici, il culto di Santa Barbara giunse in
Sardegna importato dai Bizantini nel VI- VII secolo, allora anche le
chiese in suo onore iniziarono a sorgere una volta affermata la
devozione alla santa martire.
La primitiva chiesa, precedente a quella distrutta nel 1954, era
quindi di probabile origine bizantina. Sarebbe stato facile
individuarne le fondamenta dopo la demolizione, da parte di persone
competenti. La planimetria doveva essere minore delle due
successive, a navata unica e con piccola abside semi circolare.
Desumiamo la trasformazione da chiesa bizantina in aragonese dalle
poche decorazioni antiche riutilizzate nella costruzione attuale.
Tali elementi sono il bel rosone a forma stellare, raffigurante al
centro il simbolo del sole, elemento caratteristico dell'arte
arcaica sarda; i due stipiti decorati a fiori del portale
d'ingresso, i due merli sistemati all'estremità superiore della
facciata e presenti in tante chiese sarde.
Durante il periodo aragonese e quando Ruinas era già disabitata, la
chiesa fu ampliata e ristrutturata con archi a sostegno del tetto.
Tali archi sostenuti da spessi muri diedero origine alle cappelle
laterali. Anche in questa chiesa e nelle sue adiacenze, venivano
seppelliti i morti. Infatti nell'estate 1991 durante gli scavi per
fare le fondamenta del muro a secco che recinge tutto il piazzale,
"Sa Corte", furono trovate tre urne di ossa. Le due più
grandi avevano anche il relativo coperchio in pietra, che ora si può
vedere sul marciapiede a destra della chiesa. Le urne sono state
utilizzate come vasca per raccogliere l'acqua dei rubinetti del
piazzale. Per volere della Sovrintendenza alle antichità le ossa
dei defunti furono composte dentro contenitori, il parroco vi
accluse un iscrizione con le notizie della provenienza e portate
nell'ossario comunale. In suffragio dei defunti, cui appartenevano
le ossa, fu celebrata una santa messa.
4) NUOVA CHIESA
La Chiesa di Santa Barbara era considerata indecente già nel 700,
così si legge in un volume conservato nell’Archivio di Stato di
Cagliari, fascicolo intitolato: “Affari Ecclesiastici della
Diocesi di Oristano, dal 1720-1822, vol. 571”.
Da una relazione tecnica di restauro, poi non rispettato, datato 10
gennaio 1952, del geometra Giuseppe Cadeddu di Borore, conosciamo la
descrizione della chiesa precedente alla attuale. Quella era più
grande, aveva una sola navata e lateralmente aveva tre cappelle per
parte. Tanto la navata e il presbiterio quanto le cappelle erano
coperte da tetto in tegole curve con struttura portante sorretta da
archi a tutto sesto. Il pavimento era in laterizi. L 'altare doveva
essere al centro del coro e le due cappelle vicine a questo erano
sopraelevate di uno scalino per formare il presbiterio. La facciata
aveva una larghezza di m. 13,1O e la lunghezza totale era di m.
24,55. Adiacente al coro c'era la sagrestia.
Nel 1952, inizialmente si era orientati non a demolire e a
ricostruire ex novo la chiesa ma a consolidare le strutture
maggiormente lesionate: arco anteriore, facciata, tetto, pavimento.
Si prevedeva di abolire le prime quattro cappelle laterali, mediante
la costruzione dei muri longitudinali fino al tetto. Le cappelle
laterali, non più utilizzabili, dovevano diventare muristenes.
Abbandonata l'idea iniziale, la vecchia chiesa fu del tutto demolita
per il pessimo stato di conservazione delle strutture, che
minacciavano di crollare. Si iniziò la nuova costruzione nel 1954,
come indicato in un epigrafe in trachite murata sopra il portale
della facciata. Tutta la popolazione era animata dalla fortissima
volontà di poter disporre al più presto di una nuova chiesa.
Fu costituito un comitato formato da otto persone, con la
supervisione del parroco don Antonio Cabiddu, i componenti erano:
Vidili Pietrino, Ara Giovanni, Niola Edoardo, Salaris Raffaele,
Ziulu Peppino, Pala Barbarangelo, Virdis Simone, Carta Ferdinando.
Il comitato aveva lo scopo di curare i lavori di ricostruzione,
trovare i mezzi economici necessari. Finanziamenti pubblici ne
arrivarono molto pochi. Fu tutto il paese a collaborare con generoso
slancio, vi partecipò ogni categoria di persone, chi con il lavoro
materiale, chi con l' offerta di denaro, di generi vari, chi con
giornate ed ore di lavoro gratuito, con la speranza di poter vedere
ricostruita al più presto la chiesa della nostra santa.
In parte la chiesa fu ricostruita sopra le vecchie fondamenta di
pietrame basaltico e malta di fango, ma con dimensioni inferiori sia
in lunghezza che in larghezza. Vengono distrutte le caratteristiche
architettoniche originarie, trasformata la planimetria, manomessi
elementi decorativi ed ornamentali. Nella ricostruzione della
facciata vengono utilizzati i conci di trachite rosa provenienti
dalle arcate interne, ma nel fronte vengono sfaccettati a bugnato e
non lasciati lisci com'erano prima. Non vengono ricostruite le
quattro cappelle anteriori, sono ricostruite le due vicine
all'altare e fatte diventare transetto, il presbiterio è
sopraelevato di uno scalino sulla navata. Non vengono ricostruiti i
due muristenes che stavano ai lati della chiesa, denominati: muristene
de sa campana, a sinistra, e de sa figu a destra. Il
primo nome ha fatto pensare che in passato vi fosse attiguo alla
facciata, sopra la prima cappella a sinistra, un campanile a vela.
Perciò nel 1983 fu fatto il campanile a vela in cemento armato, nel
vertice apicale posteriore del tetto. Su questo campanile è stata
collocata anche una grande croce di ferro a ricordo dell’anno
Santo della redenzione e messa una campana regalata da Ziulu
Mariantonia vedova Aresi.
La copertura del tetto fu eseguita con travi e travicelli in legno
ricoperti da tegole curve, i muri dell'edificio realizzati in conci
di pietra basaltica misti ad altri in trachite rosa. Dal 1983 sono
completamente intonacati all'esterno e all'interno, ad eccezione
della facciata. Lo spazio interno è diviso in quattro campate: due
formano la navata, una campata il presbiterio e una il coro. Le
campate sono ottenute dai pilastri in pietra che reggono gli archi a
tutto sesto, fatti in cemento armato. Su questi archi poggia il
tetto con solaio a due falde inclinate, realizzato negli anni '70.
L'altezza massima della facciata è di m. 5.90, al vertice c'è una
croce greca, sarà un resto della prima chiesa bizantina?
Le pareti laterali sono alte m. 4 all'interno. la facciata è larga
m. 7.40. la lunghezza m. 23,30. Il pavimento è in graniglia. L'aula
della chiesa è illuminata dal bel rosone della facciata, dalla
finestra del coro e da due finestre laterali, che si aprono nella
seconda campata. La porta principale è ad arco a tutto sesto. Il
coro ha forma quadrata, a ridosso del quale ci sono due vani. quello
a destra fa da sagrestia e comunica con la chiesa quello a sinistra
fa da muristene ed ha solo la porta verso l'esterno. Nel transetto
sinistro si apre la porta secondaria. Ne presbiterio c'è il primo
altare in marmo, formato dalla mensa, dal tabernacolo, da due
scalini e dalla base per poggiarvi la statua della Santa. L’altare
basilicale fu dedicato il tre dicembre del 1983 da Monsigno Giovanni
Pes che vi depose le reliquie di Santa Barbara, Santa Lucia e Santa
Maria Goretti. All’Amministrazione della Chiesa venne a costare
lire 1.300000.
La chiesa ricostruita fu inaugurata solennemente il 26 agosto 1961,
nel vespro della festa estiva. In solenne processione dal paese si
portò la nuova statua di Santa Barbara, con la partecipazione
gioiosa e commossa di tutta la popolazione.
Purtroppo la ricostruzione ex novo non è servita ad evitare gli
antichi mali. Infatti nel 1982 fu necessario intervenire perché nei
muri apparvero numerose crepe, ciò fu causato dal fatto che la
chiesa era stata costruita in un terrapieno, realizzato con
materiale di risulta e quindi facilmente soggetto a cedimenti.
Nell'1982-83 iniziarono i lavori eseguiti dall’Impresa locale di
Salvatore Muroni, su finanziamento di lire 30.000.000 della
Provincia di Oristano su richiesta del Comune. Si è intervenuti
facendo un cordolo in cemento armato, sotto i marciapiedi sui tre
lati della chiesa: abside e parti longitudinali. Andò bene fino al
'96 quando piano piano apparvero ancora tante lesioni. Si fece un
primo intervento nel ’97, con fondi della chiesa, spendendo £
7.000.000, con un sistema di cucitura delle pareri più lesionate.
Finché nel 2002, ancora con finanziamenti della Provincia di
Oristano di £ 30.000.000, più £ 6.000.000 della chiesa, si è
realizzata la cucitura totale delle pareti, tutte legate fra loro da
grosse barre d'acciaio, che se hanno danneggiato un po’ l'estetica
interna specie del presbiterio, tuttavia hanno reso più sicuro il
locale sacro. Con la speranza e l'auspicio che in futuro si abbiano
possibilità economiche più consistenti, per interventi definitivi
e soprattutto perché con la sicurezza sia salvaguardata anche l'
estetica.
Il desiderio di tutti è che questo secolare luogo sacro, che
probabilmente da 1400 anni è stato voluto dai devoti di Santa
Barbara, possa essere preservato nel tempo e continuare ad
accogliere quanti vorranno onorare Santa Barbara. |