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"sa cointrotza
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"sa cointrotza"
Aidomaggiore


Sa Cointrotza


                   note  di Giuseppe Flore

Sa Cointrotza è un ballo caratteristico ed esclusivo di Aidomaggiore, si suona e si balla esclusivamente durante i festeggiamenti del  Carnevale, diventando la “colonna sonora” e quasi un sinonimo di questa manifestazione. Per l’esecuzione e per la resa dell’effetto scenico, è necessario un discreto numero di ballerini e ballerine(anche 200), in quanto consiste in una lunga ed intricata serpentina, guidata dal primo ballerino e conclusa dal ballerino di coda. Il primo ballerino decide tutti i giri, le curve e le spirali, in movimenti “serpeggianti”, i ballerini che seguono devono rispettare esattamente i punti in cui il primo compie le deviazioni, dalla “testa” fino alla “coda”. Per la buona riuscita del ballo conta molto l’abilità del primo e dell’ultimo ballerino.
Il termine “Cointrotza” deriva dall’unione delle parole “Coa Introtza” che significa Coda Intrecciata. Ancora oggi, ad Aidomaggiore, quando una persona tenta di fare dei raggiri o degli imbrogli gli si dice “non mi fetzas cointrotzas” (non farmi delle cointrotzas). La prima parte del ballo ha un ritmo lento, una sorta di introduzione che serve per richiamare i ballerini e fare in modo che si dispongano per il ballo, formando un cerchio tenuti per mano, con le stesse tenute all’altezza del gomito e le braccia adiacenti al corpo, cadenzando il ritmo dell’introduzione con passetti alternati tra piede destro e sinistro, molleggiando sulle ginocchia per enfatizzare la cadenza con tutto il corpo. La direzione dello spostamento è sempre verso sinistra. Durante questa prima parte si effettuano delle serpentine – “furriaduras” – che proseguono poi più  accentuate quando inizia la cadenza vera e propria del ballo, con ritmi più accelerati e marcati in modo deciso da “su tumbarinu” (tamburo tradizionale). La cadenza del passo viene in questa fase enfatizzata anche dal sollevamento alternato delle braccia.
Viene suonata con Organetto Diatonico, “Tumbarinu” e Triangolo. Questi ultimi due strumenti vengono costruiti da artigiani locali: il triangolo è in acciaio e si suona con un batacchio dello stesso materiale; su Tumbarinu, che è lo strumento più caratteristico, è costituito da una cassa cilindrica, anticamente in sughero rivoltato e attualmente in latta, alla quale vengono applicate due membrane in pelle cruda di cane, cucite su due cerchi in legno, tra i quali sono applicati dei tiranti in spago di canapa intrecciato, che vengono tesi da dei registri in pelle cucita ad anello. La membrana anteriore viene percossa da due batacchi in legno di melograno (per la leggerezza), mentre quella posteriore ha la funzione di risuonatore, la cui frequenza caratteristica è ottenuta mediante una treccia sottile di crine di cavallo (sa ena), tesa lungo il diametro e regolata da una vite in legno fissata alla cassa. Il tamburo viene sostenuto dal polso del braccio sinistro, mediante una sorta di maniglia in pelle regolabile. Sia il tamburo che il triangolo hanno delle proporzioni ben precise per generare “quel” determinato suono.

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