Il
gruppo, costituito da una ventina di persone circa, parte
verso le 8,30 da Piazza Parrocchia,
per affrontare un percorso facile (a differenza del
trekking dello scorso anno), segnato dalla visita di alcuni
dei tanti siti archeologici di cui il nostro comune è ricco:
naturalmente al termine della scampagnata archeologica il
programma prevede la sostanziosa parte culinaria.
Percorso poco impegnativo, si diceva, senza particolari
difficoltà da superare, salvo qualche muretto a secco
abbastanza instabile e il caldo della metà di giugno,
attenuato, per fortuna, da passaggi di nuvole.
Lasciate le auto lungo una strada sterrata, ci siamo
avvicinati alla prima tappa della nostra escursione: il
complesso di Erighighine. Purtroppo l’impressione è quella
di un completo abbandono di un gruppo di monumenti così
importanti; la struttura ciclopica del nuraghe con la tipica
colorazione rossa, semicoperta dal materiale dei crolli, la
fonte nuragica completamente abbandonata con l’abbeveratoio
per animali così evidente, le tombe dei giganti tutte sepolte
dalla vegetazione; alcuni dei partecipanti hanno avuto
occasione, in passato, di vedere la fonte senza la vegetazione intorno e hanno
affermato che è molto bella, cosa che si immagina anche
vedendola semisepolta com’è ora.
La sorpresa è il nuraghe Tosingalu, ben conservato e visibile
nonostante la crescita della vegetazione intorno: anche
l’interno è in ottime condizioni, salvo l’accesso alla
scala per la parte superiore del nuraghe che è un poco
difficoltosa.
E per finire il nuraghe a corridoio Urigu, a fine passeggiata
prima del ritorno alle macchine, quasi completamente
invisibile, sempre a causa della vegetazione che imperversa e
copre tutto.
Il pranzo, organizzato nello splendido spazio di
Santa Greca, con
una quarantina di partecipanti, è stato all’altezza della
bella giornata, con cibarie veramente squisite preparate da
Lussoria, Maria Teresa e Fedele ai quali va il nostro
apprezzamento e ringraziamento: naturalmente non sono mancate
le danze, al suono dell’organetto di Giuseppe, sotto il
grande ulivo.
CORRADO PALARCHI
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