Ricordi d'infanzia.  ...l’incessante sbattere con forza sui fili dell’ordito de “sas iscassias”, e il
                                       suono de “s’ispola”...

di ADELE VIRDIS                                                                                                                                 
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La tessitura tradizionale sin dai secoli più remoti, ad Aidomaggiore, è una produzione radicata e diffusa a livello familiare, una tradizione di cui ha fatto parte anche la mia famiglia con mia mamma, Maria Mura e zia Giuditta, e con loro purtroppo terminata, dal momento che io non ho voluto impare quest’arte così stupenda e così arcaica, ma che si tramanda certamente in altre famiglie aidomaggioresi.
Grazie alla loro bravura e  alla loro  ingegnosità la bellezza e la ricchezza dei tappeti da loro tessuti arricchiscono la mia casa e la casa di tutte quelle persone che apprezzando le capacità tessili di mia mamma hanno acquistato i suoi meravigliosi manufatti. 
Dedico queste due righe sulla tessitura alla memoria di mia madre, per me la più brava tessitrice di Aidomaggiore, senza voler nulla togliere alle altre bravissime tessitrici del mio paese, il cui unico difetto è “non essere mia madre”, scusatemi!!! 
Ritornando indietro con la memoria, i suoni che mi ritornano alla mente sono l’incessante sbattere con forza sui fili dell’ordito de “sas iscassias”, e il suono de “s’ispola”, ereditata dalla zia Rachele e che io conservo gelosamente, in cui si infilava “su canneddu” con il cotone, e che passava  leggera tra i fili dell’ordito, sin dalle prime luci dell’alba. L’immagine che ricorre più spesso nella mia memoria è quella di mia mamma seduta al telaio, intenta a creare una nuova opera d’arte e mio padre, lì accanto a lei, che prima di recarsi al suo lavoro, le preparava  “sos canneddos” e “s’ispolu” con la lana. 
La tessitura non è solo il ricordo, ma una realtà che ha fatto parte integrante della mia vita e che ancora oggi a suo modo ne fa parte, infatti non solo posseggo un buon numero di manufatti, ma soprattutto conservo con grande cura i disegni, che lei con certosina pazienza creava, adattandoli alle esigenze del telaio. Ecco che, come per magia i miei cassetti pullulano di fiori, di animali nostrani ed esotici, di balli e foreste e di innumerevoli e straordinarie figure geometriche, spesso intrecciati fra loro per dare vita ad un tappeto di lana e cotone, che attraverso il telaio le sue mani prodigiose trasformavano in un incredibile quadro.
Ma dietro il manufatto esiste un’incredibile storia. La sua esistenza è in nuce già nella fantasia del suo autore, che per renderla reale da il via al lungo percorso che porta alla realizzazione del tappeto.
Innanzitutto è necessario possedere un telaio, che la mia famiglia possiede ormai da tre generazioni, ed è un telaio orizzontale tradizionale (telárzu), in legno, ed è costituito da due pesanti cavalletti paralleli che sostengono  le parti non fisse trasversali, ossia il "subbio del tessuto"  e il "subbio d'ordito" (sos issulos). I fili dell'ordito vengono tesi tra i due subbi e passano attraverso il tradizionale “pettene de canna” o quello moderno di metallo, sistemato tra i subbi, con l’insieme delle canne  dei licci  (sos litzos) che vengono legati con cordicelle, ad una pedaliera fissata al pavimento.
E’ fondamentale che i cavalletti siano assolutamente paralleli e che l’insieme centrale sia posto ad angolo retto rispetto ai cavalletti, così che non ci siano irregolarità nel tessuto: “quante volte ho aiutato mia mamma a determinare  la posizione del telaio affinché fosse posizionato in modo regolare e a spostarlo fino a che fosse nella giusta posizione!!!”.
La tessitrice siede su un'asse parallela al subbio anteriore, sul quale viene avvolto il tessuto, facendo passare la spola tra i fili tesi grazie ai pedali che sollevano a turno un gruppo di licci, a seconda del tipo di tessitura che si vuole produrre. 
Su questo tipo di telaio mia madre ha  realizzato tutto il suo corredo di sposa, ossia tele e tessuti spigati per la casa, teli per la panificazione e per bisacce, inoltre ha  realizzato i manufatti più noti della tradizione sarda: oltre alle già citate bisacce (bertulas), anche coperte (mantas) e arazzi, di cui i più famosi nella nostra tradizione sono “sa cassa” e “sa foresta”, e tutti realizzati sui diversi fondi, detti a “mustra”, a “taulitta”, a “batter’imposta” e a “pubuiònes”.
Fondamentale importanza la rivestivano le operazioni preliminari, come lavare la lana, che in seguito veniva laminata e filata, la formazione delle matasse che venivano colorate, anticamente con i colori forniti dalla natura e in seguito con quelli artificiali.
Per la tessitura è molto importante anche il cotone, che costituisce la trama del tappeto, e può essere sia grezzo che colorato.                              
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