voglio raccontare come eravamo, ovvero scopriamo il nostro passato attraverso i documenti,  in questo caso non piacevoli, dell'epoca:

Dall'Enciclopedia Wikipedia ho appreso che il Re Carlo Alberto aveva dato l'incarico a Goffredo Casalis di realizzare un  Dizionario geografico, storico, statistico, commerciale degli Stati di S. M. il Re di Sardegna. Il Casalis ha chiamato a collaborare per la realizzazione di quest'opera Vittorio Angius. Quest'ultimo dal 1832 al 1848, ha percorso tutta l'isola per documentarsi. Io ho visionato soltanto la parte che riguarda Aidomaggiore trovando quanto scrive l'Angius, se tutto vero, veramente deprimente. Probabilmente in quel periodo tutti i paesini dell'interno si trovavano in quelle situazioni. Eravamo proprio messi male !!. Di quel periodo ed esattamente del 1849, riporto l'immagine a fianco, relativa al Decreto con il quale il Re Vittorio Emanuele II nominava Pietro Spada Sindaco di Aidomaggiore.
Quella che segue è la trascrizione integrale del
Dizionario geografico storico statistico commerciale degli stati di s. m. il re di Sardegna alla voce AIDO-MAGGIORE.

 a cura di Diego Pittalis -           PAGINE INDICI: RACCONTI  GENERALE 

questa è la copia di un atto che trovasi nella sala Giunta del Comune e riguarda la nomina a Sindaco di Aidomaggiore di Spada Pietro. Questo documento è datato 9/06/1849.
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AIDO-MAGGIORE [Aidomaggiore], villaggio della Sardegna, nella provincia di Busachi, distretto di Ghilarza. Apparteneva al dipartimento Canales del Giudicato d’Arborea. Il suo nome vale adito maggiore, perché è un sito, dove la valle ha maggiore latitudine e insiememente nell’intervallo più ampio che era tra due boschi. Da ciò intendesi che l’abitato stia in una convalle formata da montuosità. Queste vanno da levante-scirocco a libeccio, e da tramontana a maestro. E’ composto di 228 case con istrade un pò larghe, ma irregolari, e impraticabili nell’inverno per molto fango. E’ distante da Ghilarza un’ora e quaranta minuti; da Domusnovas un’ora,  e vi si va per istrade carreggiabili; da Sedilo un’ora verso greco. Il clima è caldissimo nella state, temperato nell’inverno: vi piove spesso, ma raramente vi nevica: l’aria è poco salubre. Negli ultimi di della primavera suol regnare di mattina la nebbia, e non si dirada che tardi. Più densa è nel novembre, di modo che bagna come fa la rugiada. I seminati ne sentono gran danno quando sono in fiore, e la sanità degli abitanti n’è ancora alterata. Non si esercitano in questo paese, che da pochi, e assai meschinamente, alcune arti meccaniche; le donne attendono alla tessitura delle tele e del forese: vi sono in opera da 100 telai, ma non si lavora più di quello che esigano i propri bisogni. Vi sono un consiglio di comunità, una giunta locale, una scuola normale frequentata da 20 fanciulli.

Fa parte questo paese della Diocesi di Bosa. La chiesa parrocchiale di pessima costruzione è dedicata a santa Maria delle Palme. Il parroco ha titolo di vicario perpetuo, ed è assistito da due altri sacerdoti. Vi sono tre chiese filiali: la prima di s. Giorgio verso levante, la seconda di s. Gavino verso tramontana, la terza di s. Croce presso la Parrocchiale. Vi sono annualmente due feste popolari. La prima in onore di s. Barbara l’ultima domenica di agosto, l’altra addì 13 dicembre con grande frequenza dai paesi circonvicini. Vi sono inoltre tre chiese rurali: la prima denominata da s. Maria delle Grazie verso mezzodì distante, distante un’ora; la seconda da s. Barbara nella stessa direzione, distante 40 minuti; la terza da s. Greca verso levante  distante un’ora e minuti 20. Sogliono in questo paese celebrarsi all’anno circa 10 matrimoni, nascere 40, morire 26. Le famiglie sono 240 e le anime 1016. L’età degli abitanti tocca l’ordinario i 50 anni. Vi dominano nell’estate febbri intermittenti, pleuridi e malattie catarrali nell’inverno. Il cimitero è nella chiesa di s. Giorgio, e questa è un’altra causa della insalubrità del luogo, come lo sono anche i letamai che tengonsi vicinissimi all’abitato, e il sudiciume delle strade. Per riguardo al costume nel vestire, alle consuetudini, ed ai divertimenti,  vedi Parte-Ocier-Canales.

Agricoltura. La superficie del territorio è di circa 36 miglia qu. La sua figura è quasi circolare. Si suol seminare di grano star. cagl. 1500 (litr 73800), d’orzo 200 (litr 9840), di fave, granone, ceci, fagioli, in totale 60 (litr 2942). Il frutto è in ragione media di 12 a 1. Le piante ortensi, che si coltivano, sono meloni, citriuoli, zucche, cavoli, pomidoro. Le vigne sono poche, e i vini deboli. Le piante fruttifere sparse nei chiusi sono prugne, peri, fichi, mandorli, melograni, ciriegi, noci, persici, aranci, limoni, in totale di 2500 individui. Fra le tanche che recentemente si sono formate, e i chiusi antiche (che insieme saranno da 300), viene compreso quasi un terzo del territorio. Le tanche  sono destinate al seminario e al pascolo alternativamente. Mancano le selve, e invece trovansi assai frequenti le macchie di lentischio, con molti olivastri , e qualche sovero. Sono nel territorio piccole eminenze; la più considerevole, dicesi Matta de Ittiri, onde la popolazione provvedesi di legna. Era già folta selva, e ora è quasi affatto distrutta nel progresso dell’agricoltura. E’ situata questa collina a greco-tramontana ed ha alla basa circa metri 7404,00 di circuito.

Pastorizia. Gli animali, che si nutrono, cavalli, vacche, pecore, e porci. Tra cavalli e cavalle il numero ascenderà a 200. Le vacche sono divise in 10 armenti, e saranno capi 450. I porci in 4 branchi e in totale 300; le pecore in 15 greggie, in totale 3500. Pascono nella stoppia dopo la messe; e prima di tal tempo nel pabarile cioè nelle terre aratorie, che sono in riposo, e nelle tanche. Si fa vendita qualche volta dei tori; le pecore sono assai prospere, e il formaggio delle medesime è di ottima qualità, che con quello delle vacche concambiasi per olio con i bosinchi.
Selvaggiume. Vi sono in questo territorio dei cinghiali, e dei daini; ma in maggior numero sono le volpi, e le lepri.
Le pernici, i tordi, i merli, le tortore vi sono pure in gran numero.
Acque. Vicino al paese hannonsi tre fonti, di cui si servono gli abitanti, e sono le acque di mediocre bontà. Una di esse, detta di Corte Josso, trovasi verso maestro, ed è assai abbondante; l’altra di minor copia sorge alla parte di ponente, e dicesi Bigiale. Più scarsa è la terza che resta alla parte di scirocco. Nel rimanente del territorio ve ne saranno da 20, ma niuna degna special menzione. Scorrono questo territorio due fiumicelli tributari del Tirso. Il primo, detto Riu-mannu, deriva principalmente dalla sorgente Cherbos di Macomer, e dalla Margine-Stara di Norghiddo, taglia il territorio nei limiti di scirocco-mezzogiorno, e va subito nel Tirso. E’ pericoloso a guadarsi d’inverno, e conviene passarlo sul bel ponte di pietra, costruito la dove è intersecato dalla grande strada centrale. Il secondo denominasi Su riu-minore, passa non lungi dal paese, cascando da un’altezza di 6 metri. Trae questo la sua origine da certe fonti, che sono nel territorio, verso maestro-tramontana, e va nel Tirso verso scirocco. Scorre entro il territorio per un’ora e mezzo; vi ha, allora del pericolo in guadarlo, quando la stagione sia molto piovosa. In ambo questi fiumicelli si prendono delle anguille, e trote. Vi sono sei paludi; tre poste verso ponente, e a piccoli intervalli distanti sono le principali. Occuperanno tutte un territorio di 150 star, cagl. (metri qu. 9465). Disseccansi in estate, e riempendonsi nell’inverno, vengono popolate da varie specie di uccelli acquatici, principalmente anitre, e gru.

Antichità. Nella estensione di questo territorio osservansi 35 norachi, alcuni dei quali in buono stato. Vi sono inoltre cinque di quei monumenti, che il volgo appella sepolturas de tos gigantes, e che credono costruzioni religiose dei più antichi abitatori. Vedi Sardegna, art. Monumenti antichi. Verso ponente poi, a distanza di un’ora, presso al norache Masone-Maggiore appariscono vestigie di antica popolazione. – Condizioni del comune. Entra questo nel feudo di Parte-Ocier-Reale, e però a conoscere li diritti feudali, ricorri a quest’articolo. La curia per l’amministrazione della giustizia risiede in Ghilarza.

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