SODDÌ.
                  La sentenza è di quelle che non sembrano lasciare scampo: a
                  meno di una vigorosa inversione di tendenza, entro il 2050 per
                  i centri rurali di piccole dimensioni suonerà il requiem. I
                  comuni che vanno incontro al rischio di estinzione sono
                  principalmente quelli con una densità abitativa molto
                  modesta, ridotta a poche centinaia di abitanti, e quelli
                  penalizzati da una viabilità carente e al contempo distanti
                  dagli agglomerati urbani che dispongono di una rete di servizi
                  e infrastrutture proporzionate al fabbisogno.  Rileggendo
                  i dati Istat diffusi nei giorni scorsi i candidati principali
                  in questa porzione dell’entroterra oristanese sarebbero Soddì,
                  Bidonì, Tadasuni e Boroneddu, che insieme non raggiungono i
                  settecento abitanti.  Ma la tendenza negativa
                  sull’andamento demografico non risparmia neppure centri più
                  popolosi come Sorradile e Aidomaggiore.  Nell’ultimo
                  mezzo secolo, infatti, i due paesi situati sulle opposte
                  sponde del lago Omodeo hanno subito una contrazione
                  demografica superiore al cinquanta per cento, fenomeno che ha
                  ridotto a circa 550 il numero odierno degli abitanti.  Un
                  quadro a tinte fosche che per chi combatte dalla trincea i
                  problemi legati alla desertificazione sociale non costituisce
                  certo una novità, bensì una congiuntura negativa che perdura
                  da decenni.  Una situazione in progressivo declino che
                  richiede contromisure energiche per impedire che lo scenario
                  dipinto dalla Coldiretti si materializzi nel volgere di pochi
                  decenni.  «Lo spopolamento è inesorabile e non si può
                  predire se e quando i piccoli comuni come il nostro si
                  estingueranno - è stata la prima amara constatazione del
                  sindaco Pina Cherchi, a capo dell’amministrazione locale da
                  circa otto anni -. Quel che è certo è che se le istituzioni
                  statale e regionale non metteranno in atto politiche sociali
                  incisive quello di scomparire sarà un destino a cui
                  difficilmente potremo sottrarci».  Il primo cittadino va
                  alla radice del problema: il considerevole ridimensionamento
                  delle reti locali dei servizi. «Ci hanno privati di tutti i
                  servizi primari: uffici pubblici, scuole di ogni ordine e
                  grado, ambulatorio comunale. Perché invece non invertire
                  questo processo e decentrare, dislocandone alcuni anche nei
                  piccoli centri? Altrimenti i grossi centri fungono giocoforza
                  da catalizzatori per queste popolazioni».  Una possibile
                  ricetta? «In primo luogo investire più risorse nelle
                  politiche giovanili - suggerisce Pina Cherchi -, educare i
                  ragazzi all’amore per il loro paese, incentivandoli a
                  mettere preparazione culturale e professionale al servizio
                  delle comunità d’appartenenza».  Le strategie per
                  contrastare il fenomeno del diradamento sociale si basano
                  anche sulla presa di coscienza del valore del patrimonio che
                  custodiscono i paesi dell’interno.  A dirlo è il
                  sindaco di Tadasuni, Livio Deligia: «Tutto ciò che qui
                  abbiamo realizzato, costruito e acquisito ci deriva dalle
                  peculiarità dell’interno e non delle coste. Bisogna partire
                  dal presupposto di conservare e sviluppare l’esistente,
                  adeguandolo ai modelli economici più competitivi. Nelle zone
                  rurali - prosegue il primo cittadino - l’economia ha sempre
                  fatto perno sul settore agro-pastorale: offriamo ragioni
                  valide ai giovani per non abbandonare le campagne, manteniamo
                  vivi i piccoli centri perché il patrimonio etnografico,
                  ambientale e culturale è il propulsore della vita in Sardegna».
                   Una visione diversa ha invece il sindaco di Boroneddu,
                  che sul futuro dei piccoli centri appare più ottimista
                  rispetto ai colleghi: «La previsione è realistica, ma il
                  rischio non ha le dimensioni prospettate dalla Coldiretti - ha
                  dichiarato Fabrizio Miscali -. Non si può dare ai dati
                  numerici un’interpretazione che calzi indistintamente per
                  tutte le realtà dell’interno. Paesi come questo, ad
                  esempio, tutto sommato occupano - conclude il primo cittadino
                  - una posizione di vantaggio per via delle distanze ridotte
                  che lo separano da centri urbani attrezzati sotto tutti i
                  punti di vista». Maria Antonietta Cossu