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                         Un
                        operaio oristanese si scagliò contro un muratore di
                        Aidomaggiore
                      
                      
                        
                          
                            
                              L'aggressione
                              risale al 6 dicembre 2009: l'imputato aggredì
                              Antonio Canopia, intervenuto per difendere alcune
                              ragazze molestate da Selis.
                              
                           
                         
                        
                          La
                          pubblica accusa aveva chiesto dodici anni di
                          reclusione. Il giudice ha accolto la richiesta di
                          condanna fermandosi, però, a dieci. È la pena
                          inflitta ieri all'operaio Salvatore Selis, al termine
                          del processo con il rito abbreviato: l'imputato, 49
                          anni di Oristano ex capo ultras della Tharros, era
                          accusato di tentato omicidio dopo una lite sul treno
                          accaduta un anno fa. In un vagone diretto a Cagliari
                          aveva aggredito con un coltello un muratore di
                          Aidomaggiore, Antonio Canopia, intervenuto per
                          difendere alcune ragazze che Selis stava importunando.
                          Il muratore, che subito dopo l'aggressione si era
                          ripreso, è morto un mese fa stroncato da una
                          malattia. Ecco perché ieri non era presente al
                          processo. 
                          L'episodio contestato dal pubblico ministero Armando
                          Mammone risale al 6 dicembre 2009. I due neppure si
                          conoscevano, viaggiavano sullo stesso vagone del treno
                          diretto a Cagliari e poco dopo la partenza c'è stato
                          un parapiglia finito nel sangue. «Stava importunando
                          alcune ragazze, io gli ho detto di smetterla e mi ha
                          aggredito - raccontò qualche giorno dopo
                          l'aggressione il muratore - Si è scagliato contro di
                          me con violenza. Mi ha dato una testata ho reagito e
                          gli ho dato un pugno. Pensavo finisse lì e invece ha
                          tirato fuori un coltello e mi ha colpito in pieno».
                          Su questo passaggio la difesa di Selis ha dato una
                          versione diversa: l'avvocato Anna Maria Uras ieri in
                          aula, davanti al giudice per le udienze preliminari
                          Mauro Pusceddu, ha ipotizzato la reazione
                          dell'imputato per difendersi. 
                          Quel pomeriggio di un anno fa, dopo l'aggressione era
                          scattato l'allarme con l'arrivo dei carabinieri. Il
                          treno, partito da appena cinque minuti da Oristano,
                          era stato bloccato alla periferia di Santa Giusta:
                          Antonio Canopia era stato accompagnato al pronto
                          soccorso e “Anima nera” (così è conosciuto a
                          Oristano Salvatore Selis) era stato bloccato e
                          ammanettato. Con l'accusa di tentato omicidio: in
                          serata era tornato in piazza Manno, da dove era uscito
                          da dieci giorni. 
                          Antonio Canopia era diretto in un ospedale
                          cagliaritano per alcune visite. Poco dopo la partenza
                          del treno erano sorti i primi problemi: le ragazze che
                          viaggiavano nello stesso scompartimento di Selis
                          avevano chiesto aiuto e il muratore di Aidomaggiore
                          era intervenuto per difenderle. Ed era stato
                          aggredito. La coltellata gli aveva provocato una
                          ferita all'addome e i medici lo avevano sottoposto a
                          un delicato intervento chirurgico. 
                                                         
                          PATRIZIA
                          MOCCI
                          
                       
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                           La
                          vittima
                        
                        Aveva
                        difeso le ragazze.  
                        È morto a ottobre
                       
                      
                        
                          «Perché
                          era in giro un uomo così violento? Ho cercato solo di
                          proteggere alcune ragazze che stava molestando». Se
                          lo chiedeva Antonio Canopia quel triste lunedì di
                          dicembre dello scorso anno mentre stava sul lettino di
                          chirurgia del San Martino per una grave ferita
                          all'addome. 
                          La sentenza del giudice, emessa ieri, che condanna a
                          10 anni il suo aggressore, Antonio Canopia non ha
                          fatto in tempo a sentirla. Il muratore, appena 48
                          anni, è infatti morto poco più di un mese fa, lo
                          scorso 16 ottobre, stroncato da una malattia. 
                          Quella mattina di dicembre, Tonino Canopia parlava di
                          Salvatore Selis, l'ex capo ultras della Tharros che in
                          treno aveva rischiato di ucciderlo. «Stava
                          importunando alcune ragazze, io gli ho detto di
                          smetterla. Si è girato come una furia. E si è
                          scagliato contro di me con violenza». Ne scoppia un
                          incredibile tafferuglio. «Mi ha dato una testata, io
                          ho reagito e gli ho dato un pugno. Pensavo finisse lì
                          e invece ha tirato fuori un coltello e mi ha colpito
                          in pieno». Il sangue, le urla, i soccorsi e l'arrivo
                          dei carabinieri. 
                          Nessun commento dai familiari della vittima alla
                          notizia della sentenza di condanna. Loro vivono in
                          silenzio, anche oggi, quel dramma che aveva sconvolto
                          l'intero paese. Quello di Tonino Canopia infatti è
                          stato da subito considerato un grande atto di coraggio
                          ed un nobile gesto. Un comportamento che aveva trovato
                          grande apprezzamento nella sua comunità. L'allora
                          sindaco Mariano Salaris lo aveva elogiato e
                          ringraziato pubblicamente nel corso del Consiglio
                          comunale convocato tra la fine e l'inizio del nuovo
                          anno. A nome della piccola comunità del Guilcier, il
                          sindaco aveva fatto anche un dono e scritto un
                          biglietto di ringraziamento e auguri. «Caro Tonino, a
                          nome di tutti noi esprimo i più alti sentimenti di
                          stima per il coraggio e l'altruismo dimostrato nel
                          prendere le difese di una fanciulla, oggetto di
                          pesanti molestie, a costo di subirne violente
                          conseguenze. Con un fraterno abbraccio ti porgo i
                          migliori auguri di pronta guarigione e di buon anno
                          2010». Purtroppo il destino ha scritto una pagina
                          diversa. E oggi assumono un sapore ancora più amaro
                          le parole della vittima raccontate quella mattina dal
                          San Martino: «Le ragazze che se si sono trovate di
                          fronte quell'uomo non sapevano più cosa fare e per
                          questo sono intervenuto. Gli ho solo detto di
                          smetterla e sono stato aggredito. Mi chiedo solo perché
                          fosse a spasso liberamente». 
                           
                           
                                                           
                          ALESSIA ORBANA
                          
                       
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