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“Sos Traveris” |
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l'immagine di sfondo e quella de sas travas di Adele Virdis e Mario Atzori pagina indice tradizioni |
TRAVERIS: FRA STORIA E MISTERO.
Aidomaggiore conserva ancora oggi quasi inalterate tutte le sue tradizioni, sia religiose sia precristiane. Quella che mantiene tutto il suo
antico fascino, dopo quella della Settimana Santa, è senza dubbio Su
Karrasegare.
A questa ricorrenza popolare è legata la figura ormai leggendaria de Sos
Traveris.
Parlare dei Traveris non è facile, mancano, infatti, notizie certe su questa
maschera. Quelle che possediamo sono legate ai ricordi di alcuni aidomaggioresi,
tramandate loro dai padri, dai nonni, etc., purtroppo non abbiamo notizie
dirette da parte di persone che li abbiano conosciuti, o che avessero a loro
volta notizie dirette.
Il significato della parola Traveri
deriverebbe dal termine Travas ossia
Pastoie, per cui dovremmo tradurlo come “Colui che possiede le pastoie”. A
noi piace pensare che il termine Traveris possa avere anche un’altra origine
e quindi un diverso significato. Il nostro termine, infatti, sembra avere dei
legami con la parola greca Τράγειος (Trάgheios),
che significa “di Capro”, animale che salta. E questo renderebbe ancor più
verosimile l’accostamento tra i due termini se i nostri Traveris li
accostiamo alle più famose maschere sarde come i Mamuthones, Boes, S’Urthu
etc.
L’unica notizia concorde è che avessero il volto annerito dalla fuliggine e
portassero con sé delle grosse catene, “sas travas”, che scosse e
trascinate sul selciato producevano molto rumore. Il loro abito, secondo i
ricordi di alcuni informatori purtroppo deceduti, era costituito da una
Cabanella e da pantaloni in orbace
nero, scarponi chiodati detti Cosinzos imbullittaos, e Gambali cui erano legate
le catene. Sotto la Cabanella indossavano Sa Este, molto probabilmente di
colore rosso.
Secondo quanto riporta un altro studio, Sos Traveris erano soliti tenere i
piedi nudi ed indossare solo una camicia e le mutande.
Noi non siamo d’accordo con questa ipotesi. Innanzitutto, il mese di febbraio
è alquanto freddo, inoltre si trattava di una maschera la cui finalità era
incutere terrore ai compaesani, e se l’uomo tutto sommato non è cambiato così
tanto, vederne uno seminudo, per quanto possente, suscita sempre e ovunque
ilarità, non certo timore.
Non tutti si potevano vestire da Traveris, bisognava avere un fisico adatto,
particolarmente atletico e possente, necessario per potersi innalzare diversi
metri da terra come se volassero.
Si racconta che queste maschere irrompessero nella piazza dei
balli creando scompiglio e un fuggi fuggi generale tra le altre maschere con i
loro salti, e inoltre venivano estorte delle monete a tutti gli spettatori
presenti nella piazza conficcandole dentro delle arance.
La maschera de Sos Traveris diveniva tale dopo la cerimonia della vestizione,
che avveniva ad opera di un’anziana donna secondo un preciso rituale di cui,
al momento della scrittura, noi
non abbiamo notizie. Una volta vestiti, recitavano un’oscura prece presso la
chiesa di San Gavino.
Va evidenziato che essi dovevano essere sempre in numero dispari poiché questo
conferiva loro dei poteri magici. Narra, infatti, la leggenda, che in occasione
di un carnevale tre Traveris trovandosi accanto un quarto Traveri, rendendosi
conto di aver perso i loro poteri esclamarono: “Custu est su fora de nois!”
(“Questo è il diavolo!”). Costui, riprese le sue reali sembianze, scappò
gettandosi in un dirupo chiamato ancora oggi “S’ettada ‘e su moro”,
mentre veniva inseguito dai tre Traveris. In un altro episodio si racconta che
mentre i Traveris attraversavano l’odierna via Pitzalis, si affacciasse alla
finestra del primo piano della sua casa la Dama di Corte che risiedeva ad
Aidomaggiore. La distinta signora teneva in mano una moneta ed invitava i
Traveris a prenderla, ad un tratto uno di essi spiccò un balzo di circa
quattro metri e riuscendo a prenderla.
(di
Adele Virdis e Mario Atzori)