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Anche
quest’anno si è rinnovata ad Aidomaggiore la secolare tradizione
dei festeggiamenti di Sant’Antonio abate con l’accensione “de
sas Tuvas”. Questa tradizione è un’usanza
pre-cristiana propria dei festeggiamenti in occasione del solstizio
d’inverno, quando il sole bambino ricominciava a crescere. Si
trattava di una cerimonia propiziatoria per il nuovo anno durante la
quale si sacrificavano gli alberi in onore del sole. Questo dato è
confermato da una epistola di Papa Gregorio Magno ai vescovi sardi,
in cui affermava che nonostante l’avvento del cristianesimo i
sardi continuavano ad adorare legni (tuvas) e pietre, queste
tradizioni venissero integrate con feste di santi cristiani, cosicché
l’origine pagana venisse nel tempo dimenticata. Questo è il caso
di Sant’Antonio Abate, santo di cui si conoscono diverse leggende
sarde legate al fuoco, una di queste narra che il santo eremita sia
sceso all’inferno con una ferula per rubare il fuoco ai demoni.
Sant’Antonio Abate nacque a Coma in Egitto (l’odierna Qumans),
nel 251 e morì nel 356 all’età di 105 anni, è considerato
l’iniziatore del monachesimo cristiano e chiamato Abate perché
patriarca di tutti gli eremiti. La sua biografia ci è stata
tramandata da Sant’Atanasio, un suo discepolo, che lo definisce il
“fondatore dell’ascetismo”.
A
Sant’Antonio Abate viene affidata anche la protezione del bestiame
domestico, per questo viene raffigurato in compagnia di un
porcellino, che quindi non rappresenta il demonio tentatore, come
molti erroneamente pensano. Viene invocato soprattutto per la salute
del corpo, data la sua lunga vita, e in particolare per le malattie
della pelle. Uno speciale potere gli viene attribuito per la
guarigione
di bruciori epidermici e soprattutto dell’ herpes zoster,
una dolorosa affezione cutanea, nota per questo come “fuoco
di Sant’Antonio”.
Torniamo
ad Aidomaggiore e ai preparativi per la festa. La mattina del 16
gennaio è luminosa e tiepida, quasi primaverile, e i confratelli di
Santa Croce si sono radunati presso il nuraghe Sa Jua, dove già da
diverso tempo si trovavano le tuvas, per accendere il fuoco ed
arrostire la carne, in attesa di caricare i tronchi cavi sui
trattori per trasportali in paese e sistemarli nello spazio
apposito, antistante la chiesa di San Gavino. Alla compagnia
dei confratelli, verso le 12.00
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