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Visitiamo Aidomaggiore
                       
la CHIESA DI SANTA BARBARA 
antica parrocchia di Ruinas

vedi anche la pagina NOVENA E FESTA DI SANTA BARBARA


Nel giornale "Dialogo" quindicinale della Diocesi di Alghero e Bosa è stata così descritta dal Parroco di Aidomaggiore Don Tonino Carboni:


Nella comunità di Aidomaggiore è molto vivo e sentito il culto in onore di Santa Barbara vergine e martire di Nicomedia. Con grande devozione i fedeli accorrono numerosi nella sua chiesa campestre, tre volte all'anno. Il tre e quattro dicembre, per la festa liturgica religiosa. Si inizia con il vespro la vigilia, sul tardi si recita il rosario, l'indomani messa solenne.
In questa celebrazione inizia il suo servizio il nuovo Procuratore, che resterà in carica fino alla festa grande di Agosto.
A Maggio si celebra la novena, che un tempo era la più partecipata perché ad agosto le donne dovevano preparare in casa per dare degna accoglienza agli ospiti. Questa novena inizia il venerdì dopo Il quattordici maggio, festa di Santa Greca, e termina il sabato della settimana Successiva.
L'ultima domenica di Agosto si celebra la festa grande, la principale del paese. Comporta anche festeggiamenti civili oltre quelli religiosi. La novena inizia il venerdì dopo la festa dell' Assunta, termina il sabato della settimana successiva.
In tutte e tre le celebrazioni il procuratore si prende cura della chiesa: apre, chiude, custodisce gli arredi, la prepara, cura le celebrazioni specie notturne.
Ogni sera si celebra la messa e la novena. Di notte dopo cena vengono cantati il rosario e i gosos della Santa. L'ultima notte, durante il canto dei gosos viene portata la statua piccola nei muristenes dei noveranti. Santa Barbara ricambia la visita che i devoti le hanno fatto durante i nove giorni della novena. Terminata la visita dei muristenes, si concludono i gosos in chiesa e poi si inizia Su Prozettu. Consiste in una pubblica asta di oggetti, regali, cibi, dolci procurati o offerti dal procuratore e da altre persone. Il ricavato va a beneficio della chiesa. Fino a tardi si festeggia con i soliti divertimenti.
Quando iniziò il culto e la festa di Santa Barbara? Quando fu edificata la prima chiesa? Da chi soprattutto fu edificata?
Non fu costruita dai fedeli del paese di Aidomaggiore ma dagli abitanti di  Ruinas, villa che si estendeva nelle vicinanze. Nei pressi dell'attuale Santa Barbara, nella piccola valle attraversata da un ruscello sono visibili tracce di un antico insediamento: pietrame, frammenti fittili, tracce scomposte dai lavori agricoli dei secoli successivi. I resti più importanti del paese scomparso sono costituiti da due fontane a pochi metri dal letto del ruscello, dette dalla gente fonti o sorgenti di Santa Barbara.
I devoti che sostavano durante le novene venivano qui ad attingere l'acqua per le necessità domestiche, fino a quando il Comune non ha provveduto a far arrivare l'acqua dell'acquedotto. La gente attribuisce virtù medicinali all'acqua di queste fontane, come viene cantato nei gosos: “Cun cuss'abba meighinosa-ch’azzis in sa domo bostra". Queste fontane per la prima volta sono state ben descritte e riprodotte dalla prof.ssa Maria Manconi Depalmas.
Una fontana è di forma rettangolare larga m. 2,50 e profonda m. 3. L'interno è in parte riempito di terra, perché non più pulita da quando non viene più utilizzata l'acqua. I muri sono realizzati in pietre di piccole o media dimensione. La copertura è a botte, vi si può accedere attraverso un arco semi circolare. Al lato dell'ingresso su una pietra vi si legge la data 1220.
L'altra fontana è ugualmente a forma rettangolare, vi si accede mediante due scalini. E' lunga m.3,10 e larga m. 2. All'ingresso è alta m. 1,65. Qui, sopra un grande architrave, c'è una pietra a forma trapezoidale nei tre lati inferiori e terminante a punta in alto. In questa pietra c’è un'iscrizione, solo in parte leggibile perché corrosa in diversi punti. Vi si legge: “Restaurata per grazia concessa, da Antonio Diego... per S. Barbara M S 1668”. L 'iscrizione è in caratteri romani e i numeri in lettere arabe. Ai due lati della fronte si dipartono due bracci in muratura di dimensioni e andamento diseguali che formano una specie di esedra. (n.d.r. clicca per visualizzare le schede e le foto relative alle due fonti: fonte 1-fonte 2).
Oltre questi due documenti epigrafici, riguardo a Ruinas si hanno varie testimonianze scritte .

Ruinas è nominata nell'anno 1242 nel Condaghe di Santa Maria di Bonarcado scheda n.ro 32 con le parole: "Bau de Ruinas". Nella scheda Raro 19 è nominata: "Bia qui benit ad Orruinas". 
Questo cammino è il sentiero ora asfaltato che va su verso Santa Maria denominato: "camminu Creccu 'e Piskinas". Qui passò il vescovo Visconti, nel suo viaggio da Bonarcado ad Ottana, per scendere dalla domestia di Olmetum o Mura Ulmos, dove passò la notte del venerdì 18 maggio 1263 per raggiungere Ottana nel sabato vigilia di Pentecoste. Se vicino a Ruinas passava una strada obbligata, da ciò si può desumere che questa villa godesse di una certa importanza.
La rilevanza di Ruinas derivava anche dai ricchi possedimenti, che la Casa di Arborea aveva nelle vicinanze. Tali proprietà si estendevano fino alla zona: "Sa Mura 'e Logu" e più in alto, verso l'altopiano, dove sorgeva la villa di Uras. Ne par]a Ugone II nel suo testamento del 1336 ( Doc. XL VIII) pagina 705, riprodotto dal Tola nel Codex Diplomaticus Sardiniae. Qui Ugone stabilisce: " Marianus de Corogno dilectus nepos noster tenere dignoscitur villam nostram vocatam Ruinas" positam in parte Giulciani et saltum nostrum de Uras positum in confinibus dicte ville que est nunc distructa". Da questo documento conosciamo che Ugone lascia in eredità al diletto nipote Mariano de Corogno la villa di Ruinas e il saltum di Uras, villa distrutta. Ruinas è detta Nostram , il nipote al quale è destinata è Dilectus , questo fa pensare quanto Ruinas stesse a cuore ad Ugone, e che fosse una villa di una certa importanza" che godesse di particolari attenzioni da parte del giudice.

Il lascito del saltum nostrum de Uras, villa già distrutta nel 1336, infatti nel 1388 non firmerà nel trattato di pace ad Abbasanta, conferma che il toponimo attuale de Mura 'e Logu, indica una terra un tempo pubblica, demaniale, cioè del giudice. Nelle vicinanze ci sono anche i toponimi: Coronzu e Pedra Mariana. chiaro riferimento a Mariano de Corogno, al quale il territorio fu lasciato in eredità dal nonno Ugone.
Ruinas è menzionata nel 1342. Infatti dal libro: "Ratio decimarum" di Pietro Sella n.ro 959 si sa che in quell'anno il rettore di Ruinas Armaldo Martini pagava come decima alla sede apostolica: Alfonsinorum libra I, Sold X. Anche la menzione al n.ro 1846, per gli anni 1346-1350: "Pro ecclesia de Solli et Romas libra I et Sold XII, sarebbe da riferire a Ruinas, perché non esisteva nessuna Romas nella diocesi di Santa Giusta. Ruinas è nominata per l'ultima volta in un documento pubblico nel 1388. Infatti non è nominata per niente dal Fara nel "De Chorographia Sardiniae" e neppure nel "De Rebus Sardois", scritti verso il 1585. A questa data non esisteva più.
Nel 1388 i giurati, cioè i rappresentanti ufficiali di Ruinas, parteciparono ad Abbasanta alla ratifica della pace tra Eleonora d' Arborea e Giovanni d'Aragona. Dal loro numero si può arguire che fosse una villa di una certa consistenza. A capo c'era il Majore Dominico Pala, poi Antonio Lopinu, Antonio de Nuraghe, Joanne Simala Nicolau Cauli, Joanne de Serra, Petro Urghe.
Si ignora l'anno in cui la villa di Ruinas fu abbandonata. Il Lilliu ci informa che tra la fine del XIV e il XV secolo ben 550 villaggi su 1100 di cui si ha ricordo, furono abbandonati dai loro abitanti. Di tanti paesetti restò in piedi solo la chiesa e questo spiega perché tante chiese si ergono solitarie nelle campagne sarde. Sarà stata una carestia più dura del solito o una peste più forte, che portò quasi allo spopolamento, spingendo i pochi superstiti a trasferirsi nella località più salubre di Aidomaggiore che era già una villa popolata e ricca. La chiesa di Santa Barbara non fu abbandonata e benché in condizioni precarie continuò ad esser luogo di culto e oggetto di attenzione e venerazione. Già si è detto che nel 1668 fu restaurata la fontana in onore di Santa Barbara. Nei registri parrocchiali sono annotati beni o somme lasciati alla chiesa come risulta nell'anno 1675 Juan Bras Putzulu lascia tres sueldos. Nel 1682 Catelina Mureddu lascia seis dineros. Nel 1691 Agnesa Cau lascia tres callaresos e Catellina Tore tres callaresos. Nel 1692 Antonia Ara Falcon lascia una tentorgia de bulu (giovane vacca). Nel 1694 Simon Porcu lascia un sueldo, Hjlario Flore lascia cinco sueldos. Nel 1696 Rosangela Quessa lascia dos reales.

Nel 1701 gli eredi del sacerdote Lorenzo Sanna. regalarono alla chiesa di Santa Barbara un calice d'argento, dove si legge: "CaJix iste in Hon. S. Barbarae ex bonis sac. Laurent Sanna AD.
MDCCI-XXIV MAII". Questo calice esiste ancora ed è conservato tra gli arredi preziosi della parrocchia.
Sarà stata Santa Barbara la patrona e la titolare della parrocchia di Ruinas?

Tutto fa propendere per una risposta affermativa anche se non possiamo esserne certi. Infatti nelle vicinanze c'è il toponimo di ponte e fontana di Santa Lucia. Nei pressi ci sarà stata la chiesa e il culto anche in onore di questa santa? Il professor Carlo Masia negli anni '60 individuò tracce di costruzione in pozzolana, malta nobile, usata solo per le chiese e gli edifici importanti come i castelli. Dalle tracce rilevate, la chiesa risulterebbe ubicata vicino al ponte detto di Santa Lucia parte dove è passata la strada provinciale e parte nell'ingresso del terreno fra detta strada e l'inizio del sentiero Creccu 'e Piskinas. Anche la fontana è stata sotterrata dalla strada provinciale.
Una volta abbandonata Ruinas, non si potevano tenere aperte due chiese in campagna, l'una vicina all'altra. Continuò e si conservò il culto a Santa Barbara" forse la sua chiesa era più bella, più solida, più importante, certo era la più grande fra tutte le chiese campestri della zona. Fu abbandonata o decadde per vetustà la chiesa di Santa Lucia e il suo culto trasferito con gli abitanti di Ruinas nel paese di Aidomaggiore, dove Santa Lucia è venerata in un bell' altare marmoreo e festeggiata solennemente con la presenza anche dei devoti dei paesi vicini. Tante domande alle quali in futuro si spera di dare risposta.
Se, come dicono gli storici, il culto di Santa Barbara giunse in Sardegna importato dai Bizantini nel VI- VII secolo, allora anche le chiese in suo onore iniziarono a sorgere una volta affermata la devozione alla santa martire.
La primitiva chiesa, precedente a quella distrutta nel 1954, era quindi di probabile origine bizantina. Sarebbe stato facile individuarne le fondamenta dopo la demolizione, da parte di persone competenti. La planimetria doveva essere minore delle due successive, a navata unica e con piccola abside semi circolare. Desumiamo la trasformazione da chiesa bizantina in aragonese dalle poche decorazioni antiche riutilizzate nella costruzione attuale. Tali elementi sono il bel rosone a forma stellare, raffigurante al centro il simbolo del sole, elemento caratteristico dell'arte arcaica sarda; i due stipiti decorati a fiori del portale d'ingresso, i due merli sistemati all'estremità della facciata e presenti in tante chiese sarde.
Durante il periodo aragonese e quando Ruinas era già disabitata, la chiesa fu ampliata e ristrutturata con archi a sostegno del tetto. Tali archi sostenuti da spessi muri diedero origine alle cappelle laterali, tre per parte.
Da una relazione tecnica di restauro, poi non rispettato, datato 10 gennaio 1952, del geometra Giuseppe Cadeddu di Borore, conosciamo la descrizione della chiesa precedente, che era più grande dell'attuale. Aveva una sola navata e lateralmente aveva sei cappelle. Tanto la navata e il presbiterio quanto le cappelle erano coperte da tetto in tegole curve con struttura portante sorretta da archi a tutto sesto. Il pavimento era in laterizi. L 'altare doveva essere al centro del coro e le due cappelle vicine a questo erano sopraelevate di uno scalino per formare il presbiterio. La facciata aveva una larghezza di m. 13,1O e la lunghezza totale era di m. 24,55. Adiacente al coro c'era la sagrestia.
Anche in questa chiesa e nelle sue adiacenze venivano seppelliti i morti. Infatti nell'estate 1991 durante gli scavi per fare le fondamenta del muro a secco che recinge tutto il piazzale, "Sa Corte", furono trovate tre urne di ossa. Le due più grandi avevano anche il relativo coperchio in pietra, che ora si può vedere sul marciapiede a destra della chiesa. Le urne sono state utilizzate come vasca per raccogliere l'acqua dei rubinetti del piazzale. Per volere della Sovrintendenza alle antichità le ossa dei defunti furono composte dentro contenitori, il parroco vi accluse un iscrizione con le notizie della provenienza e portate nell'ossario comunale. In suffragio dei defunti cui appartenevano le ossa fu celebrata una santa messa.
Nel 1954, come indicato in un epigrafe in trachite, murata sopra il portale della facciata, la chiesa viene ricostruita totalmente, in seguito al pessimo stato di conservazione delle strutture che minacciavano di crollare. Del resto la chiesa era considerata indecente già nel 700, così si legge in un volume conservato nell' Archivio di Stato di Cagliari, fascicolo intitolato: "Affari ecclesiastici della Diocesi di Oristano, dal 1720-1822", vol.571". Nel 1952, inizialmente si era orientati non a demolire e a ricostruire ex novo la chiesa ma a consolidare le strutture maggiormente lesionate: arco anteriore, facciata, tetto, pavimento. Si prevedeva di abolire le prime quattro cappelle laterali, mediante la costruzione dei muri longitudinali fino al tetto. Le cappelle laterali non più utilizzabili dovevano diventare muristenes. Abbandonata l'idea iniziale, la vecchia chiesa fu del tutto demolita, con la volontà che fosse ricostruita al più presto.
Fu costituito un comitato fondato da otto persone. con la supervisione del parroco don Antonio Cabiddu, i componenti sono: Vidili Pietrino, Ara Giovanni, Niola Edoardo, Salaris Raffaele, Ziulu Peppino, Pala Barbarangelo, Virdis Simone, Carta Ferdinando. Il comitato aveva lo scopo di curare i lavori di ricostruzione, trovare i mezzi economici necessari. Finanziamenti pubblici ne arrivarono molto pochi. Fu tutto il paese a collaborare con generoso slancio, vi partecipò ogni categoria di persone, chi con il lavoro materiale, chi con l' offerta di denaro, di generi vari, chi con giornate ed ore di lavoro gratuito, con la speranza di poter vedere ricostruita al più presto la chiesa della nostra santa.
In parte la chiesa fu ricostruita sopra le vecchie fondamenta di pietrame basaltico e malta di fango, ma con dimensioni inferiori sia in lunghezza che in larghezza. Vengono distrutte le caratteristiche architettoniche originarie, trasformata la planimetria, manomessi elementi decorativi ed ornamentali. Nella ricostruzione della facciata vengono utilizzati i conci di trachite rosa provenienti dalle arcate interne, ma nel fronte vengono sfaccettati a bugnato e non lasciati lisci com'erano prima. Non vengono ricostruite le quattro cappelle anteriori, sono ricostruite le due vicine all'altare e fatte diventare transetto, il presbiterio è sopraelevato di uno scalino sulla navata. Non vengono ricostruiti i due muristenes che stavano ai lati della chiesa, denominati: muristene de sa campana, a sinistra, e de sa figu a destra. Il primo nome ha fatto pensare che in passato vi fosse attiguo alla facciata, sopra la prima cappella a sinistra, un campanile a vela. Perciò nel 1982 fu fatto il campanile a vela in cemento armato, nel vertice apicale posteriore del tetto. La copertura del tetto fu eseguita con travi e travicelli in legno ricoperti da tegole curve, i muri dell'edificio sono in conci di pietra basaltica misti ad altri in trachite rosa. Sono completamente intonacati all'esterno e all'interno, ad eccezione della facciata. Lo spazio interno è diviso in quattro campate: due formano la navata, una campata il presbiterio e una il coro. Le campate sono ottenute dai pilastri in pietra che reggono gli archi a tutto sesto, fatti in cemento armato. Su questi archi poggia il tetto con solaio a due falde inclinate, realizzato negli anni '70. L'altezza massima della facciata è di m. 5.90, al vertice c'è una croce greca, sarà un resto della prima chiesa bizantina?
Le pareti laterali sono alte m. 4 all'interno. la facciata è larga m. 7.40. la lunghezza m. 23,30. Il pavimento è in graniglia. L'aula della chiesa è illuminata dal bel rosone della facciata, dalla finestra del coro e da due finestre laterali, che si aprono nella seconda campata. La porta principale è ad arco a tutto sesto. Il coro ha forma quadrata, a ridosso del quale ci sono due vani. quello a destra fa da sagrestia e comunica con la chiesa quello a sinistra fa da muristene ed ha solo la porta verso l'esterno. Nella parte sinistra del transetto c'è una porta secondaria. All'interno c'è il primo altare in marmo e quello basilicale inaugurato il tre dicembre del 1982. La chiesa ricostruita fu inaugurata solennemente il 26 agosto 1961, nel vespro della festa, con la processione dal paese con la nuova statua di Santa Barbara, con la partecipazione gioiosa e commossa di tutta la popolazione.
Purtroppo la ricostruzione ex novo non è servita ad evitare gli antichi mali, infatti nel 1982 fu necessario intervenire perché nei muri apparvero numerose crepe, ciò fu causato dal fatto che la chiesa fu costruita in un terrapieno, realizzato con materiale di risulta e quindi facilmente soggetto a cedimenti. Nell'82 si è intervenuti facendo un cordolo in cemento armato, sotto i marciapiedi sui tre lati della chiesa: abside e parti longitudinali. Andò bene fino al '96 quando piano piano apparvero ancora tante lesioni. Si fece un primo intervento nel 97. con fondi della chiesa, spendendo £ 7.000.000, con un sistema di cucitura delle pareri più lesionate. Finché nel 2002. con finanziamenti pubblici di £ 30.000.000, più £ 6.000.000 della chiesa, si è realizzata la cucitura totale delle pareti, tutte legate fra loro da grosse barre d'acciaio, che se hanno danneggiato un po’ l'estetica interna specie del presbiterio, tuttavia hanno reso più sicuro il locale sacro. Con la speranza e l'auspicio che in futuro si abbiano possibilità economiche più consistenti, per interventi definitivi e soprattutto perché con la sicurezza sia salvaguardata anche l' estetica.
Il desiderio di tutti è che questo secolare luogo sacro, che forse da 1400 anni è stato voluto dai devoti di Santa Barbara, possa continuare ad accoglierli.

vedi anche la pagina NOVENA E FESTA DI SANTA BARBARA

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