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      Tale scena è anche rappresentata nella vetrata istoriata del rosone,
      nella facciata della chiesa.
      
      Non conoscendo la data storica dell'abbandono di S.Gavino per passare alla
      nuova chiesa di S. Maria delle Palme, si può ritenere come probabile il
      periodo fra la fine del 1400 e la fine del 1500.
 Ciò si può dedurre dal fatto che in S. Gavino, nel presbiterio, sul lato
      sinistro si apre un arco gotico aragonese, stile molto diffuso nel 1400.
      Se tale arco risale a quel periodo, ciò vuol dire che allora la chiesa
      era ancora ufficiata.
 Si ha invece la prima documentazione dell'esistenza della Parrocchia di S.
      Maria delle Palme negli atti di matrimonio del 1597 e atti di cresima
      de11599.
 Negli ultimi lavori della Chiesa Parrocchiale poi, nell ' attuale cappella
      delle Anime, denominata
      però da sempre altare della Neve, si è trovata la pavimentazione con
      mattonelle in terracotta di piccole dimensioni ( cm. 25 x 25 e 27 x 20,
      spesse 3 cm. ), ad una profondità di circa 47 cm., che sembrerebbero
      risalire alla fine del 1500 o primi del 1600.
 Si sono pure trovate le fondazioni di un piccolo edificio quadrangolare
      come pure nella parte opposta, nella cappella del Rosario si sono trovate
      le fondazioni di 1 un edificio analogo, avente però anche l' apertura di
      una porta con la soglia in trachite rossa come fosse il basamento di uno
      stipite d'ingresso, con un incavo nel lato interno.
 Siccome è stata scavata tutta la navata della chiesa, per poter fare il
      vespaio, prima inesistente, si è trovato anche un altro pavimento più
      recente, forse del 1700, ad una profondità di 23 cm., realizzato in
      cocciopesto.
 Quest’ultimo pavimento, c'era solo nella cappella a destra entrando,
      dove c’è il Fonte battesimale ed in quella a sinistra dove c'è
      l'altare di S. Lucia. Fra queste due pavimentazioni, cioè nella navata
      centrale e nelle altre cappelle di S.Antonio e S. Cuore, il vuoto era
      riempito di terra fino ad una profondità di 40 cm. .
 A mio modesto parere si potrebbe pensare che la primitiva chiesa di S.
      Maria fosse sicuramente più piccola dell’attuale. Forse prima era
      formata dai locali che sorgevano sull' antico pavimento in terracotta e in
      un secondo tempo sorse un’ altra Chiesa, dove è stato trovato il
      pavimento in cocciopesto. Oppure da subito la Chiesa era formata dalla
      costruzione con il pavimento in cocciopesto e gli altri due locali
      servivano come "oratorio” cioè locali della confraternita del
      Rosario e della confraternita della Madonna della Neve che dai registri
      del 1600 sembra che fosse presente.
 Prima dell' attuale edificio, ultimato nel 1869, il grande cultore di
      storia locale e di storia sarda in genere, vera e appassionata memoria
      storica del passato di Aidomaggiore, l’indimenticabile Sig. Michele
      Cambedda, diceva che la chiesa non aveva l'attuale orientamento est-ovest,
      ma quello nord-sud, quindi partiva dall'attuale sagrestia del SS.
      Sacramento, che ha una muratura più antica del resto della chiesa,
      continuava nella cappella del fonte battesimale e inglobava l'ingresso
      della navata centrale e la cappella di S. Lucia.
 Si hanno tante notizie riguardo alla Chiesa parrocchiale grazie al
      benemerito parroco Sacerdote Antonio Mocci, che iniziò a compilare il
      libro storico parrocchiale, fin dall’inizio del suo ministero il
      28/12/1934, proprio descrivendo le varie fasi che portarono alla sua
      costruzione.
 Poiché l'edificio parrocchiale minacciava di crollare, fin dal 1846, le
      celebrazioni religiose si svolgevano nella chiesa di S. Gavino, con grande
      disagio del popolo.
 In una seduta del Consiglio municipale, il 29/05/1851, il sacerdote
      Raffaele Pala esponeva tali precarie condizioni e il Consiglio chiedeva
      una perizia di competenti sulle reali condizioni della chiesa.
 Dalle deliberazioni Municipali, risultano altre due sedute una il
      29/11/1851 e una il 30/05/1852, aventi per oggetto la riparazione o la
      costruzione ex novo.
 Non era facile prendere una decisione perché i soldi di cui si disponeva
      non erano molti e l’ amministrazione parrocchiale era tenuta dal
      canonico prebendato del capitolo della Cattedrale di Bosa, il penitenziere
      Pietro Maria Panzali.
 Il parroco di Aidomaggiore è ancora oggi chiamato Vicario, proprio perché
      era vicario, cioè faceva le veci, era al posto del canonico titolare.
 Questi propone di vendere parte dei beni immobili della Parrocchia, che allora
      ammontavano a £ 40.000.
 In una seduta del 19/11/1865, fu presentato un progetto completo per una
      nuova chiesa dell' architetto bosano Salvatore Cossu Uda. poiché la somma
      occorrente per tale progetto sembrava eccessiva, fu fatto redigere un
      nuovo progetto dall' architetto Carbarazzi Efisio che, dove possibile,
      utilizzava parte della vecchia chiesa. Il Consiglio municipale decise per
      questo, in una seduta del 05/05/1867 e i lavori terminarono nel 1869 .
 Nel 1910/11 fu costruito l' attuale campanile a pianta quadrata, sulla
      destra della facciata. Si accede alla cella campanaria con una bella scala
      a chiocciola, formata da grosse pietre sporgenti dal muro. La cella ha nei
      quattro lati una apertura ad arco tondo. Vi sono sospese due campane, la
      grande rifusa nel 1967 al tempo di Don Cabiddu e la piccola rifusa nel
      1974 da Don Niola e poi rifatta nel 1998 perché lesionata. Il campanile
      termina con un cupolino e su due lati ha anche il quadrante dell'orologio,
      che marca le ore. Si ricorda che le campane del nuovo campanile suonarono
      per la prima volta in occasione del battesimo del Sig. Ziulu Antonio il
      17/02/1911. Fu costruito dal muratore di Bosa Antonio Madeddu, a spese
      della Parrocchia. Il Municipio diede £. 500. In tutto si spese £. 1922.
 Prima esisteva un semplice campanile a vela, nello spigolo della cappella
      del Rosario, dove oggi c' è un contrafforte.
 La facciata della chiesa è caratterizzata da quattro lesene: due alle
      estremità e due vicino alla porta. Questa è incorniciata dall'
      architrave e i piedritti in basalto nero scanalati. Sopra l' architrave c'
      è un' altra cornice in trachite rosa, più aggettante,
 sorretta alle estremità da due supporti. Al di sopra della porta c'è un
      grande rosone sempre in trachite rosa. La facciata culmina con il timpano
      delimitato nei tre lati da un forte cornicione. L 'altezza massima della
      facciata esterna è mt. 11,63 e mt. 8,05 ai due spigoli laterali. La
      larghezza della facciata più il campanile è di mt. 17,02. Ai due lati è
      lunga mt. 21.
 Entrando in chiesa, colpisce subito la notevole altezza della navata
      centrale, che l'esterno non farebbe pensare, insieme con l'armoniosità e
      le giuste proporzioni delle varie parti fanno apprezzare la nostra Chiesa
      anche a chi vi entra per la prima volta.
 L'interno al centro è lungo mt. 23,95, comprendendo la navata più il
      Coro. La larghezza e di mt. 11,80 nella navata e di mt. 16 circa nel
      transetto. L'altezza interna è mt. 11,50.
 La pianta è a croce latina, con una sola grande navata centrale,
      delimitata da due cappelle a entrambi i lati. Le cappelle sono ottenute da
      pilastri a sezione cruciforme, terminanti con arco a tutto sesto. Le
      cappelle comunicano fra di loro e col transetto con aperture ancora ad
      arco a tutto sesto.
 La navata è conclusa dall' abside quadrata, nella cui parete esterna c'
      è una grande finestra rettangolare, con vetri istoriati rappresentanti la
      discesa dello Spirito Santo sugli Apostoli. Su entrambi i lati esterni del
      transetto, al di sopra degli altari, c'è una finestra rettangolare e le
      due porte laterali, aperte in un secondo tempo, quando furono costruiti
      gli altari del Sacro Cuore e di S. Antonio. Inizialmente le aperture
      laterali erano in queste cappelle.
 L' altare maggiore fino al 1963 era di trachite rosa pitturata, con tre
      scalini, la nicchia centrale, due colonne con basi e i capitelli corinzi (
      ora usati come porta fiori) e sormontate da un timpano triangolare. La
      mensa era in marmo e così il tabernacolo, fatti nel 1938, quando il 31
      maggio Mons. Frazioli consacrò solennemente la Chiesa, l'altare maggiore
      e l'altare di S. Antonio da Padova, includendovi in entrambi le reliquie
      di S. Gaudenzio, S. Severino e S. Giusta (saranno poste nella nuova
      mensa).
 Nel 1963 Don Cabiddu volle realizzare l' altare attuale in marmi pregiati
      di grande valore artistico, dalla Ditta Bonfiglio di Oristano, spendendo
      i. 900.000. E' formato da due gradini, una colonna per parte con capitelli
      corinzi, concluso sopra da timpano triangolare. Come mensa si utilizzò
      quella del precedente altare.Al centro c'è la nicchia con la statua
      seicentesca della Madonna delle Palme. Questa si presenta in posizione
      eretta, presumibilmente di scuola sarda del XVmo secolo (sarà dei nostri
      Canopia?). Si può attribuire a tale periodo perchè nel restauro del viso
      si è trovato, sotto il colore, un fondo di verdacciolo, come si usava in
      quell'epoca. La Vergine sostiene con la mano sinistra il Bambino senza
      vesti e benedicente con la mano destra e con la sinistra sorregge un
      globo, cioè il mondo. Nella mano destra la Madonna porta la palma. Gli
      abiti sono di colore blu e marron, decorato a estofado in argentomeccàto
      e i decori sono rifIniti a incisione.
 Settecentesco è il coro ligneo molto lavorato e ben conservato, formato
      da sei stalli per parte ed uno grande centrale sormontato da baldacchino.
 Il coro ligneo e altre opere lignee, potrebbero essere opera di uno degli
      scultori Canopia, famiglia di artisti, originari di Aidomaggiore, di cui
      si conoscono almeno tre nomi. Juan Januario Canopia nel 1673 scolpì le
      statue di S. Elena e S. Silvestro, esposte nell'altare maggiore del
      santuario di S. Costantino a Sedilo. Mons. A.F. Spada fa sapere che questi
      aveva bottega a Sassari. Paolo Antonio Canopia, operante alla fine del
      1600 in vari paesi della Diocesi di Ales e sepolto in una sua chiesa, nel
      1697 ha scolpito un crocifisso ligneo a Villacidro, appartenente al filone
      gotico doloroso. Nel 1710 Pierantonio Canopia restaurò la statua di S.
      Michele della chiesa campestre di Ghilarza ( da "il Guilcieri"
      di Maria Depalmas Manconi).
 Le opere lignee di Aidomaggiore potrebbero essere proprio di quest'ultimo,
      che operava
      nel suo paese. Una conferma potrebbe venire da quanto diceva il Sig. Paolo
            Mulas, di professione falegname, morto quando mancano quattro mesi a
      compiere i 100 anni, che il coro era stato fatto da un suo antenato.
 Al di sopra del coro c' è una elegante nicchia in trachite rosa,
      ricuperata certo dalla vecchia chiesa, simile a quella seicentesca di S.
      Maria delle grazie.
 Nel coro è presente un organo, molto grande. Presenta nel prospetto 19
      canne a cuspide
      in unica campata e 13 registri, con la tastiera di 58 tasti e la pedaliera
      di 21 tasti, costruito verso il 1880 dalla Ditta Aletti di Monza. La
      speranza e il vivo desiderio di tutti è che possa essere restaurato. Ai
      tempi di Don Niola furono richiesti 70 milioni per farlo.
 Ai due lati opposti del transetto ci sono due altari simili, costruiti
      penso nell' 800, quando fu riedificata la Chiesa. Sono di trachite
      pitturata in finto marmo. Appaiono abbastanza belli ed eleganti, formati
      da due scalini, due colonne per parte con capitelli corinzi. Nella
      transetto sinistro c'è l'altare con la statua della Madonna del Rosario.
      Alla destra del suddetto altare, sopra la porta dell' oratorio della
      Confraternita del Rosario, c' è una tela di notevole pregio artistico
      raffigurante il volto e parte del busto di Gesù, con le due mani in primo
      piano ed i polsi legati e la testa coronata di spine, denominato dal
      popolo "Su Nazarenu". Pitturato a tempera su tela, colpisce in
      particolare l'espressività del volto di Gesù e l'intensità dello
      sguardo. Sul
       petto
      di Gesù c'è un riquadro bianco racchiudente una croce a due colori,
      l'asse verticale rosso ed azzurro quello orizzontale, simbolo dell' Ordine
      religioso dei Trinitari, che farebbe pensare ad un collegamento con questo
      Ordine. La tela ovale è racchiusa in una cornice molto lavorata di stile
      barocco, formata da fiori, foglie, festoni e dipinta in foglia d'argento
      meccàta. Il quadro è racchiuso in una mostra, questa è poggiata su un
      mensolone ligneo, sostenuto da due reggi mensola. La mostra è composta da
      due lesene sormontate da una trabeazione abbellita da una decorazione
      floreale centrale a rilievo, di colore granato. Sopra la trabeazione c' è
      ancora una cimasa scolpita e intagliata di forma floreale stilizzata. Il
      colore della mostra è di tempera blu, colore molto usato in Sardegna
      all'inizio dell'800 per mobili, porte e tavolati. Esiste una tela e una
      cornice simile nel convento delle Cappuccine a Cagliari, sicuramente
      datato al 1600.
 Nell' altare del transetto destro c' è un bel quadro ad olio raffigurante
      le anime del Purgatorio, dipinto dal sacerdote di Santu Lussurgiu Don
      Manca nel 1800 .Molto lavorata la cornice in legno intagliato .
 Nelle cappelle si trovano entrando a sinistra l' altare di Santa Lucia in
      marmo, in parte intarsiato, regalato nel 1951 dalla Sig.ra Licheri Marras
      Maria Domenica e costruito dalla Ditta Del Rio di Macomer. Poi l' altare
      marmoreo del Sacro Cuore regalato nel 1952 dalla Sig.ra Giovanna Maria
      Spada e costruito dalla Ditta Bonfiglio di Oristano per £. 170.000. Di
      fronte c'è l'altare in marmi policromi di S. Antonio da Padova regalato
      nel 1937 dalla Sig.ra Marras Maria Domenica, costruito dalla Ditta
      Dessalvi di Cagliari per £. 1900. Nella prima cappella a destra c'è il
      fonte battesimale in marmo voluto da Don Cabiddu nel 1967 e acquistato a
      Pietrasanta con £. 400.000, per sostituire l' antico battistero di cui si
      conserva lo sportello in legno scolpito, raffigurante le palme e uno
      stemma forse del vescovo di Oristano, presente in quel tempo. Questo
      sportello è simile agli sportelli centrali della bellissima Paratora
      esistente nella sagrestia. Nella parete dietro il battistero c' è un
      artistico mosaico, raffigurante il battesimo di Gesù, regalato da Don
      Nio1a nel 1984, per il 25° di sacerdozio.
 Fra gli arredi pregevoli, da ricordare è anche la acquasantiera del 1648.
      Molto belli i caratteri dell' iscrizione e della data, la base è in
      trachite lavorata, il piede e la vaschetta in marmo pregiato.
 Oltre alla Madonna delle Palme, ci sono altre statue di gran valore. Una
      Madonna con bambino del 600, rassomigliante alla Madonna della Freccia
      della chiesa di Valverde di Alghero. Anche questa è decorata a fiorame in
      argento meccàto. San Raffaele col piccolo Tobia inginocchiato, statua del
      600, scolpita finemente. E' stata ridonata alla Parrocchia da Cau
      Michelangelo. Sant'Efisio è dell'800, per la sua festa c'è un legato che
      deve adempiere il parroco pro tempore. San Pietro del 1600, posseduto
      dagli eredi di Marras Michelino. La figlia Prof.ssa Raffaela l'ha fatta
      restaurare a sue spese, riportandola alla Parrocchia. Questa famiglia cura
      ancora oggi la celebrazione della festa. Esistono i ruderi di un'antica
      chiesa di S. Pietro, officiata sino a metà "800. Pare che lì ci
      fosse un'altra statua diversa da questa.
 Nel 1966 fu costruita la grande e luminosa sagrestia su un orticello
      appartenente alla Chiesa. Sotto la sagrestia c' è un saloncino per le
      attività parrocchiali.
 Nel 1967 furono fatti importanti lavori nell'interno della Chiesa. Rifatti
      completamente gli intonaci interni con la conseguente cancellazione delle
      pitture murarie ricordate con tanta nostalgia dalla gente. Tali pitture
      fatte a tempera, dal pittore cuglieritano Antonio Meloni, rappresentavano
      nell'abside la SS Trinità circondata da angeli. Altri angeli ornavano le
      lesene dei pilastri. I muri erano decorati a fiorami e finto marmo.
 Durante questi lavori fu eliminato anche il pulpito. Fu rifatta poi buona
      parte della volta, che presentava una spaccatura longitudinale. Furono
      costruiti in cemento armato i primi due archi e le volte rifatte in
      prefabbricati. Prima, archi e volte, erano fatte in pietra. L' arco e la
      volta del presbiterio e del coro sono ancora gli originali.
 Dopo che l' Amministrazione Comunale è intervenuta per ben tre volte per
      risanare il tetto, finalmente è riuscita ad avere un finanziamento di
      circa 150.000.000 di vecchie lire per l' interno della Chiesa. E' stata
      tinteggiata in tutte le parti, eliminando macchie di umidità. E' stato
      realizzato un vespaio di 40 cm di spessore in prefabbricati, così da
      rendere possibile l' aerazione tramite bochettoni di sfiatamento, è stato
      predisposto l'impianto di riscaldamento sotto tutto il pavimento. La
      pavimentazione è stata rifatta con nuovo marmo di Carrara bianco e nero
      nella navata centrale e cappelle laterali, mentre nelle cappelle del
      transetto è stato recuperato parte del marmo della vecchia
      pavimentazione, sempre in marmo di Carrara bianco e nero del 1877, fornito
      dalla Ditta Ugolini Andrea di Cagliari, con la spesa di £. 250.
 Anche il presbiterio è stato completamente rinnovato e adeguato alle
      nuove norme liturgiche. Su suggerimento di Mons. Carlo Chenis, segretario
      della Pontificia Commissione beni culturali ecclesiastici e progetto
      rielaborato dall' architetto Enna Rita, è stata tolta la vecchia mensa,
      abbassato di un gradino per realizzare un piano uniforme. Si è fatta la
      mensa in marmo candido, con intarsi raffiguranti le palme.
 Analogamente all'altare è fatto pure l'ambone e la sede presidenziale. La
      spesa del presbiterio è stata affrontata con i soldi pervenuti dall'
      eredità della defunta Maria Osilo, dono della Sig.ra Maria Pala e della
      somma data dal Sig. Virdis Mario. La spesa totale è stata di 19.000.
 I lavori iniziati il 26 maggio 2003 con le funzioni celebrate sempre nella
      vetusta Chiesa di san Gavino fino al rientro in parrocchia il I° venerdì
      del mese di marzo, con una speciale celebrazione fatta dal parroco, in
      attesa della venuta del Vescovo il 23 maggio, vigilia della festa della
      Patrona S. Maria delle Palme, per la solenne celebrazione della
      dedicazione dell' altare.
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