Un Angelo in Paradiso
Giunge
anche il tempo per ognuno di noi di salutare le persone a noi più
care; con grande fatica ci si abitua all’idea di non rivederle
più, a un’idea di separazione definitiva.
Ma la grande consolazione sta nella nostra FEDE: chi ha fede
comprende che queste persone continuano a vivere in noi, ma
soprattutto in GESÚ e che la Terra per noi è solo un
passaggio.
Don
Medde aveva fatto suo questo concetto; aveva capito che era solo
di passaggio e che questa sua fede inattaccabile gli ha dato
quella grande serenità con cui ha affrontato la sua malattia.
Quel male atroce e incurabile l’ha messo a dura prova, ma lui
non si è intimorito: forte, fiero, orgoglioso e combattivo
(grandi virtù ereditate dalla buonanima di Tiu Pedru, suo
amatissimo padre) è andato avanti per la sua strada.
Un gran lavoratore; questo voleva Don Bosco dai suoi salesiani:
mai fermarsi, lavorare sodo, soprattutto per i giovani. E John
Medde (così mi piaceva chiamarlo ogni tanto), vi assicuro, che
i giovani li amava e li considerava.
Era sempre circondato dai giovani, ma ciò che è più
importante è che gli stessi gli volevano un gran bene.
In realtà lo cercavano tutti, giovani e meno giovani. Si
volevano sfogare e confidare con lui, volevano magari scambiarci
due chiacchiere o passare con lui dieci minuti piacevoli.
Confratelli, dipendenti dell’Istituto, ragazzi della casa
famiglia, vecchi amici: chi gli esponeva i problemi sul lavoro;
chi gli chiedeva consigli; chi voleva commentare la partita di
calcio della domenica. E già! Lui tifava per il Cagliari, era
un grande tifoso.
Anche in questo ambito si mostrava misurato, pacato, obbiettivo.
Era veramente un intenditore; conosceva le squadre, i
calciatori, i moduli di gioco, le tattiche.
E guai criticare duramente la sua squadra: lui ci ragionava su,
estrapolava quali potevano essere i problemi tecnici e poi con
cauto ottimismo diceva: “vedrai che il Cagliari si risolleva,
vedrai che cela fa!” Fantastico!! Genuino, semplice,
rassicurante.
Così era anche nella vita quotidiana. Traspariva una grande
serenità interiore, una grande sicurezza di se; un perfetto
equilibrio che dava inevitabilmente i suoi frutti. Infatti la
sua presenza era una garanzia e una sicurezza per tutti. Tutto
funzionava alla perfezione.
Attorno a lui ruotavano tutti gli affari economici
dell’Istituto e anche, negli ultimi anni, dell’Ispettoria.
Grosse responsabilità quindi, ma lui non si tirava certo
indietro. A detta di tanti, se non di tutti, impersonava
l’ideale di economo; questa era la sua mansione principale.
Compito difficile e delicato a cui lui ha saputo adempiere con
efficienza, precisione e saggezza, anche di fronte a gravi
problemi finanziari dovuti a una folle gestione governativa
della Regione Sardegna. E questo declino rovinoso sia
finanziario che strettamente educativo ( i giovani infatti hanno
perso un punto di riferimento come i Salesiani ), è coinciso
con un peggioramento del suo stato di salute. Ma lui era sempre
in trincea; nulla lo spaventava. Ha lavorato addirittura fino al
giorno prima di lasciarci. Mai si è lamentato del carico di
lavoro, mai delle difficoltà, ma soprattutto mai ha abbassato
la guardia di fronte alla malattia. Un vero esempio di
mortificazione.
Forse non voleva pesare sulle spalle degli altri; era piuttosto
il contrario. Era lui che porgeva la mano; aveva sempre uno
spazio e una parola per tutti. Per alcuni era paterno, per altri
diventava un fratello. I suoi confratelli li coccolava, li
viziava; aveva mille attenzioni nei loro confronti. Un uomo di
vera carità fraterna.
Però, come è anche giusto, si ritagliava anche qualche momento
di relax e di svago: le partite del Cagliari allo stadio, una
pizza con gli amici, una birra in compagnia, una semplice
passeggiata. Comunque sempre in compagnia, insieme a qualcuno:
non gli piaceva stare da solo.
Era proprio un “grande” ! Un giusto equilibrio tra
l’essere un religioso, discreto e devoto, ma anche una persona
semplice e comune, che sapeva stare anche al gioco e allo
scherzo.
A un “vizio”, però, non poteva rinunciare: tornare appena
possibile ad Aidomaggiore, suo paese natale. Sentiva proprio il
bisogno di ricongiungersi per qualche giorno alle sue origini e
alla sua gente.
In quei frangenti il distacco dalla città e dalla routine
quotidiana era netto e assolutamente ritemprante. Si distendeva
e si distraeva; era quasi una necessità quella di rincontrare
parenti e amici che comunque non aveva mai dimenticato nè perso
di vista.
Adorava il suo paese nel suo insieme, tanto che per lui era una
grande soddisfazione farlo conoscere ai suoi amici
“forestieri”.
Infatti la quotidianità di John presentava anche una parentesi
dedicata a visitare su internet il sito di Aidomaggiore.
Apprezzava tantissimo quest’idea: si teneva continuamente
aggiornato su quanto capitava da quelle parti; in questo modo
non si sentiva estraniato dalla realtà del suo paese: era
proprio il suo orgoglio.
Chi conosceva don Medde immancabilmente conosceva Aidomaggiore,
la sua gente, ma anche le sue tradizioni e i suoi prodotti
tipici di cui lui faceva sfoggio ad ogni suo rientro.
Insomma, anche un uomo generoso, stimato e amato veramente da
tutti; un uomo saggio che ha sempre vissuto con un occhio
rivolto al Cielo, sapendo che quella era la sua meta e la Terra
solo un passaggio.
Pertanto non sentiamoci da lui abbandonati: Gesù aveva bisogno
di un Angelo in Paradiso e ha scelto lui.
Questa è solo la mia testimonianza: un amico che ha avuto la
grande fortuna di conoscerlo e di condividere con lui gioie ma
anche dolori. Di lui mi rimane un grande ricordo e l’orgoglio
di essergli stato amico. Non lo dimenticherò mai.
Grazie John.
Tuo
fratellino
(col
permesso di zia Ines !) |