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       Santa Barbara, antica parrocchia di Ruinas 
       
      Testo dell'articolo scritto e pubblicato nel 2004 sul
      "Dialogo", quindicinale cattolico  di informazione della
      Diocesi Alghero - Bosa, da Don Tonino Carboni che ha consegnato il testo
      originale autorizzandone la pubblicazione anche in questo CD. 
      Nella
      comunità di Aidomaggiore è molto vivo e sentito il culto in onore di
      Santa Barbara vergine e martire di Nicomedia. Con grande devozione i
      fedeli accorrono numerosi nella sua chiesa campestre, tre volte all'anno.
      Il tre e quattro dicembre, per la festa liturgica religiosa. Si inizia con
      il vespro la vigilia, sul tardi si recita il rosario, l'indomani messa
      solenne. 
      In questa celebrazione inizia il suo servizio il nuovo Procuratore, che
      resterà in carica fino alla festa grande di Agosto. 
      A Maggio si celebra la novena, che un tempo era la più partecipata
      perché ad agosto le donne dovevano preparare in casa per dare degna
      accoglienza agli ospiti. Questa novena inizia il venerdì dopo Il
      quattordici maggio, festa di Santa Greca, e termina il sabato della
      settimana Successiva. 
      L'ultima domenica di Agosto si celebra la festa grande, la principale del
      paese. Comporta anche festeggiamenti civili oltre quelli religiosi. La
      novena inizia il venerdì dopo la festa dell' Assunta, termina il sabato
      della settimana successiva. 
      In tutte e tre le celebrazioni il procuratore si prende cura della chiesa:
      apre, chiude, custodisce gli arredi, la prepara, cura le celebrazioni
      specie notturne. 
      Ogni sera si celebra la messa e la novena. Di notte dopo cena vengono
      cantati il rosario e i gosos della Santa. L'ultima notte, durante il canto
      dei gosos viene portata la statua piccola nei muristenes dei noveranti.
      Santa Barbara ricambia la visita che i devoti le hanno fatto durante i
      nove giorni della novena. Terminata la visita dei muristenes, si
      concludono i gosos in chiesa e poi si inizia Su Prozettu. Consiste in una
      pubblica asta di oggetti, regali, cibi, dolci procurati o offerti dal
      procuratore e da altre persone. Il ricavato va a beneficio della chiesa.
      Fino a tardi si festeggia con i soliti divertimenti. 
      Quando iniziò il culto e la festa di Santa Barbara? Quando fu edificata
      la prima chiesa? Da chi soprattutto fu edificata? 
      Non fu costruita dai fedeli del paese di Aidomaggiore ma dagli abitanti di 
      Ruinas, villa che si estendeva nelle vicinanze. Nei pressi
      dell'attuale Santa Barbara, nella piccola valle attraversata da un
      ruscello sono visibili tracce di un antico insediamento: pietrame,
      frammenti fittili, tracce scomposte dai lavori agricoli dei secoli
      successivi. I resti più importanti del paese scomparso sono costituiti da
      due fontane a pochi metri dal letto del ruscello, dette dalla gente fonti
      o sorgenti di Santa Barbara.  
      I devoti che sostavano durante le novene venivano qui ad attingere l'acqua
      per le necessità domestiche, fino a quando il Comune non ha provveduto a
      far arrivare l'acqua dell'acquedotto. La gente attribuisce virtù
      medicinali all'acqua di queste fontane, come viene cantato nei gosos:
      “Cun cuss'abba meighinosa-ch’azzis in sa domo bostra". Queste
      fontane per la prima volta sono state ben descritte e riprodotte dalla
      prof.ssa Maria Manconi Depalmas. 
      Una fontana è di forma rettangolare larga m.2,50 e profonda m.3.
      L'interno è in parte riempito di terra, perché non più pulita da quando
      non viene più utilizzata l'acqua. I muri sono realizzati in pietre di
      piccole o media dimensione. La copertura è a botte, vi si può accedere
      attraverso un arco semi circolare. Al lato dell'ingresso su una pietra vi
      si legge la data 1220. 
      L'altra fontana è ugualmente a forma rettangolare, vi si accede mediante
      due scalini. E' lunga m.3,10 e larga m. 2. All'ingresso è alta m.1,65.
      Qui, sopra un grande architrave, c'è una pietra a forma trapezoidale nei
      tre lati inferiori e terminante a punta in alto. In questa pietra c’è
      un'iscrizione, solo in parte leggibile perché corrosa in diversi punti.
      Vi si legge: “Restaurata per grazia concessa, da Antonio Diego... per S.
      Barbara M S 1668”. L 'iscrizione è in caratteri romani e i numeri in
      lettere arabe. Ai due lati della fronte si dipartono due bracci in
      muratura di dimensioni e andamento diseguali che formano una specie di
      esedra. 
      Oltre questi due documenti epigrafici,riguardo a Ruinas si hanno varie
      testimonianze scritte. 
      Ruinas è nominata nell'anno 1242 nel Condaghe di Santa Maria di Bonarcado
      scheda n.ro 32 con le parole: "Bau de Ruinas". Nella scheda Raro
      19 è nominata: "Bia qui benit ad Orruinas".  
      Questo cammino è il sentiero ora asfaltato che va su verso Santa Maria
      denominato: "camminu Creccu 'e Piskinas". Qui passò il vescovo
      Visconti, nel suo viaggio da Bonarcado ad Ottana, per scendere dalla domestia
      di Olmetum o Mura Ulmos, dove passò la notte del venerdì 18 maggio
      1263 per raggiungere Ottana nel sabato vigilia di Pentecoste. Se vicino a
      Ruinas passava una strada obbligata, da ciò si può desumere che questa
      villa godesse di una certa importanza. 
      La rilevanza di Ruinas derivava anche dai ricchi possedimenti, che la Casa
      di Arborea aveva nelle vicinanze. Tali proprietà si estendevano fino alla
      zona: "Sa Mura 'e Logu" e più in alto, verso l'altopiano, dove
      sorgeva la villa di Uras. Ne par]a Ugone II nel suo testamento del 1336 (
      Doc. XL VIII) pagina 705, riprodotto dal Tola nel Codex Diplomaticus
      Sardiniae. Qui Ugone stabilisce: " Marianus de Corogno dilectus nepos
      noster tenere dignoscitur villam nostram vocatam Ruinas" positam in
      parte Giulciani et saltum nostrum de Uras positum in confinibus dicte
      ville que est nunc distructa". Da questo documento conosciamo che
      Ugone lascia in eredità al diletto nipote Mariano de Corogno la villa di
      Ruinas e il saltum di Uras, villa distrutta. Ruinas è detta Nostram
      , il nipote al quale è destinata è Dilectus , questo fa pensare
      quanto Ruinas stesse a cuore ad Ugone, e che fosse una villa di una certa
      importanza" che godesse di particolari attenzioni da parte del
      giudice. Il lascito del saltum nostrum de Uras, villa già
      distrutta nel 1336, infatti nel 1388 non firmerà nel trattato di pace ad
      Abbasanta, conferma che il toponimo attuale de Mura 'e Logu, indica una
      terra un tempo pubblica, demaniale, cioè del giudice. Nelle vicinanze ci
      sono anche i toponimi: Coronzu e Pedra Mariana. chiaro riferimento
      a Mariano de Corogno, al quale il territorio fu lasciato in eredità dal
      nonno Ugone. 
      Ruinas è menzionata nel 1342. Infatti dal libro: "Ratio decimarum"
      di Pietro Sella n.ro 959 si sa che in quell'anno il rettore di Ruinas
      Armaldo Martini pagava come decima alla sede apostolica: Alfonsinorum
      libra I, Sold X. Anche la menzione al n.ro 1846, per gli anni
      1346-1350: "Pro ecclesia de Solli et Romas libra I et Sold XII,
      sarebbe da riferire a Ruinas, perche non esisteva nessuna Romas nella
      diocesi di Santa Giusta. Ruinas è nominata per l'ultima volta in un
      documento pubblico nel 1388. Infatti non è nominata per niente dal Fara
      nel "De Chorographia Sardiniae" e neppure nel "De Rebus
      Sardois", scritti verso il 1585. A questa data non esisteva più. 
      Nel 1388 i giurati, cioè i rappresentanti ufficiali di Ruinas,
      parteciparono ad Abbasanta alla ratifica della pace tra Eleonora d'
      Arborea e Giovanni d'Aragona. Dal loro numero si può arguire che fosse
      una villa di una certa consistenza. A capo c'era il Majore Dominico Pala,
      poi Antonio Lopinu, Antonio de Nuraghe, Joanne Simala Nicolau Cauli,
      Joanne de Serra, Petro Urghe. 
      Si ignora l'anno in cui la villa di Ruinas fu abbandonata. Il Lilliu ci
      informa che tra la fine del XIV e il XV secolo ben 550 villaggi su 1100 di
      cui si ha ricordo, furono abbandonati dai loro abitanti. Di tanti paesetti
      restò in piedi solo la chiesa e questo spiega perché tante chiese si
      ergono solitarie nelle campagne sarde. Sarà stata una carestia più dura
      del solito o una peste più forte, che portò quasi allo spopolamento,
      spingendo i pochi superstiti a trasferirsi nella località più salubre di
      Aidomaggiore che era già una villa popolata e ricca. La chiesa di Santa
      Barbara non fu abbandonata e benché in condizioni precarie continuò ad
      esser luogo di culto e oggetto di attenzione e venerazione. Già si è
      detto che nel 1668 fu restaurata la fontana in onore di Santa Barbara. Nei
      registri parrocchiali sono annotati beni o somme lasciati alla chiesa come
      risulta nell'anno 1675 Juan Bras Putzulu lascia tres sueldos. Nel 1682
      Catelina Mureddu lascia seis dineros. Nel 1691 Agnesa Cau ]ascia tres
      callaresos e Catellina Tore tres callaresos. Nel 1692 Antonia Ara FaJcon
      lascia una tentorgia de bulu (giovane vacca). Nel 1694 Simon Porcu lascia
      un sueldo, Hjlario Flore lascia cinco sueldos. Nel 1696 Rosangela Quessa
      lascia dos reales. 
      Nel 1701 gli eredi del sacerdote Lorenzo Sanna. regalarono alla chiesa di
      S.ta Barbara un calice d'argento, dove si legge: "CaJix iste in Hon.
      S. Barbarae ex bonis sac. Laurent Sanna AD. MDCCI-XXIV
      MAII". Questo calice esiste ancora ed è conservato tra gli
      arredi preziosi della parrocchia. 
      Sarà_stata S.ta Barbara la patrona e la titolare della parrocchia di
      Ruinas? 
      Tutto fa propendere per una risposta affermativa anche se non possiamo
      esserne certi. Infatti nelle vicinanze c'è il toponimo di ponte e fontana
      di S.ta Lucia. Nei pressi ci sarà stata la chiesa e il culto anche in
      onore di questa santa? Il professor Carlo Masia negli anni '60 individuò
      tracce di costruzione in pozzolana, malta nobile, usata solo per le chiese
      e gli edifici importanti come i castelli. Dalle tracce rilevate, la chiesa
      risulterebbe ubicata vicino al ponte detto di S.ta Lucia parte dove è
      passata la strada provinciale e parte nell'ingresso del terreno fra detta
      strada e l'inizio del sentiero Creccu 'e Piskinas. Anche la fontana è
      stata sotterrata dalla strada provinciale. 
      Una volta abbandonata Ruinas, non si potevano tenere aperte due chiese in
      campagna, l'una vicina all'altra. Continuò e si conservò il culto a S.ta
      Barbara" forse la sua chiesa era più bella, più solida, più
      importante, certo era la più grande fra tutte le chiese campestri della
      zona. Fu abbandonata o decadde per vetustà la chiesa di S.ta Lucia e il
      suo culto trasferito con gli abitanti di Ruinas nel paese di Aidomaggiore,
      dove S.ta Lucia è venerata in un bell' altare marmoreo e festeggiata
      solennemente con la presenza anche dei devoti dei paesi vicini. Tante
      domande alle quali in futuro si spera di dare risposta. 
      Se, come dicono gli storici, il culto di S.ta Barbara giunse in Sardegna
      importato dai Bizantini nel VI- VII secolo, allora anche le chiese in suo
      onore iniziarono a sorgere una volta affermata la devozione alla santa
      martire. 
      La primitiva chiesa, precedente a quella distrutta nel 1954, era quindi di
      probabile origine bizantina. Sarebbe stato facile individuarne le
      fondamenta dopo la demolizione, da parte di persone competenti. La
      planimetria doveva essere minore delle due successive, a navata unica e
      con piccola abside semi circolare. Desumiamo la trasformazione da chiesa
      bizantina in aragonese dalle poche decorazioni antiche riutilizzate nella
      costruzione attuale. Tali elementi sono il bel rosone a forma stellare,
      raffigurante al centro il simbolo del sole, elemento caratteristico
      dell'arte arcaica sarda; i due stipiti decorati a fiori del portale
      d'ingresso, i due merli sistemati all'estremità della facciata e presenti
      in tante chiese sarde. 
      Durante il periodo aragonese e quando Ruinas era già disabitata, la
      chiesa fu ampliata e ristrutturata con archi a sostegno del tetto. Tali
      archi sostenuti da spessi muri diedero origine alle cappelle laterali, tre
      per parte. 
      Da una relazione tecnica di restauro, poi non rispettato, datato 10
      gennaio 1952, del geometra Giuseppe Cadeddu di Borore, conosciamo la
      descrizione della chiesa precedente, che era più grande dell'attuale.
      Aveva una sola navata e lateralmente aveva sei cappelle. Tanto la navata e
      il presbiterio quanto le cappelle erano coperte da tetto in tegole curve
      con struttura portante sorretta da archi a tutto sesto. II pavimento era
      in laterizi. L 'altare doveva essere al centro del coro e le due cappelle
      vicine a questo erano sopraelevate di uno scalino per formare il
      presbiterio. La facciata aveva una larghezza di m.13,1O e la lunghezza
      totale era di m.24,55. Adiacente al coro c'era la sagrestia. 
      Anche in questa chiesa e nelle sue adiacenze venivano seppelliti i morti.
      Infatti nell'estate 1991 durante gli scavi per fare le fondamenta del muro
      a secco che recinge tutto il piazzale, "Sa Corte", furono
      trovate tre urne di ossa. Le due più grandi avevano anche il relativo
      coperchio in pietra, che ora si può vedere sul marciapiede a destra della
      chiesa. Le urne sono state utilizzate come vasca per raccogliere l'acqua
      dei rubinetti del piazzale. Per volere della Sovrintendenza alle
      antichità le ossa dei defunti furono composte dentro contenitori, il
      parroco vi accluse un iscrizione con le notizie della provenienza e
      portate nell'ossario comunale. In suffragio dei defunti cui appartenevano
      le ossa fu celebrata una santa messa. 
      Nel 1954, come indicato in un epigrafe in trachite, murata sopra il
      portale della facciata, la chiesa viene ricostruita totalmente, in seguito
      al pessimo stato di conservazione delle strutture che minacciavano di
      crollare. Del resto la chiesa era considerata indecente già nel 700,
      così si legge in un volume conservato nell' Archivio di Stato di
      Cagliari, fascicolo intitolato: "Affari ecclesiastici della Diocesi
      di Oristano, dal 1720-1822", vol.571". Nel 1952, inizialmente si
      era orientati non a demolire e a ricostruire ex novo la chiesa ma a
      consolidare le strutture maggiormente lesionate: arco anteriore, facciata,
      tetto, pavimento. Si prevedeva di abolire le prime quattro cappelle
      laterali, mediante la costruzione dei muri longitudinali fino al tetto. Le
      cappelle laterali non più utilizzabili dovevano diventare muristenes.
      Abbandonata l'idea iniziale, la vecchia chiesa fu del tutto demolita, con
      la volontà che fosse ricostruita al più presto. 
      Fu costituito un comitato fondato da otto persone. con la supervisione del
      parrocco don Antonio Cabiddu, i componenti sono: Vidili Pietrino. Ara
      Giovanni, Niola Edoardo, Salaris Raffaele, Ziulu Peppino, Pala
      Barbarangelo, Virdis Simone, Carta Ferdinando. Il comitato aveva lo scopo
      di curare i lavori di ricostruzione, trovare i mezzi economici necessari.
      Finanziamenti pubblici ne arrivarono molto pochi. Fu tutto il paese a
      collaborare con generoso slancio, vi partecipò ogni categoria di persone,
      chi con il lavoro materiale, chi con l' offerta di denaro, di generi vari,
      chi con giornate ed ore di lavoro gratuito, con la speranza di poter
      vedere ricostruita al più presto la chiesa della nostra santa. 
      In parte la chiesa fu ricostruita sopra le vecchie fondamenta di pietrame
      basaltico e malta di fango, ma con dimensioni inferiori sia in lunghezza
      che in larghezza. Vengono distrutte le caratteristiche architettoniche
      originarie, trasformata la planimetria, manomessi elementi decorativi ed
      ornamentali. Nella ricostruzione della facciata vengono utilizzati i conci
      di trachite rosa provenienti dalle arcate interne, ma nel fronte vengono
      sfaccettati a bugnato e non lasciati lisci com'erano prima. Non vengono
      ricostruite le quattro cappelle anteriori, sono ricostruite le due vicine
      all'altare e fatte diventare transetto, il presbiterio è sopraelevato di
      uno scalino sulla navata. Non vengono ricostruiti i due muristenes che
      stavano ai lati della chiesa, denominati: muristene de sa campana,
      a sinistra, e de sa figu a destra. Il primo nome ha fatto pensare
      che in passato vi fosse attiguo alla facciata, sopra la prima cappella a
      sinistra, un campanile a vela. Perciò nel 1982 fu fatto il campanile a
      vela in cemento armato, nel vertice apicale posteriore del tetto. La
      copertura del tetto fu eseguita con travi e travicelli in legno ricoperti
      da tegole curve, i muri dell'edificio sono in conci di pietra basaltica
      misti ad altri in trachite rosa. Sono completamente intonacati all'esterno
      e all'interno, ad eccezione della facciata. Lo spazio interno è diviso in
      quattro campate: due formano la navata, una campata il presbiterio e una
      il coro. Le campate sono ottenute dai pilastri in pietra che reggono gli
      archi a tutto sesto, fatti in cemento armato. Su questi archi poggia il
      tetto con solaio a due falde inclinate, realizzato negli anni '70.
      L'altezza massima della facciata è di m.5.90. al vertice c.è una croce
      greca, sarà un resto della prima chiesa bizantina? 
      Le pareti laterali sono alte m. 4 all'interno. la facciata è larga m.
      7.40. la lunghezza m. 23,30. Il pavimento è in graniglia. L'aula della
      chiesa è illuminata dal bel rosone della facciata, dalla finestra del
      coro e da due finestre laterali, che si aprono nella seconda campata. La
      porta principale è ad arco a tutto sesto. Il coro ha forma quadrata, a
      ridosso del quale ci sono due vani. quello a destra fa da sagrestia e
      comunica con la chiesa quello a sinistra fa da muristene ed ha solo la
      porta verso l'esterno. Nella parte sinistra del transetto c'è una porta
      secondaria. All'interno c'è il primo altare in marmo e quello basilicale
      inaugurato il tre dicembre del 1982. La chiesa ricostruita fu inaugurata
      solennemente il 26 agosto 1961,nel vespro della festa, con la processione
      dal paese con la nuova statua di Santa Barbara, con la partecipazione
      gioiosa e commossa di tutta la popolazione. 
      Purtroppo la ricostruzione ex novo non è servita ad evitare gli antichi
      mali, infatti nel 1982 fu necessario intervenire perché nei muri
      apparvero numerose crepe, ciò fu causato dal fatto che la chiesa fu
      costruita in un terrapieno, realizzato con materiale di risulta e quindi
      facilmente soggetto a cedimenti. Nell'82 si è intervenuti facendo un
      cordolo in cemento armato, sotto i marciapiedi sui tre lati della chiesa:
      abside e parti longitudinali. Andò bene fino al '96 quando piano piano
      apparirono ancora tante lesioni. Si fece un primo intervento nel '97. con
      fondi della chiesa, spendendo £ 7.000.000, con un sistema di cucitura
      delle pareri più lesionate. Finché nel 2002. con finanziamenti pubblici
      di £ 30.000.000, più £ 6.000.000 della chiesa, si è realizzata la
      cucitura totale delle pareti, tutte legate fra loro da grosse barre
      d'acciaio, che se hanno danneggiato un po’ l'estetica interna specie del
      presbiterio, tuttavia hanno reso più sicuro il locale sacro. Con la
      speranza e l'auspicio che in futuro si abbiano possibilità economiche
      più consistenti, per interventi definitivi e soprattutto perché con la
      sicurezza sia salvaguardata anche l' estetica. 
      Il desiderio di tutti è che questo secolare luogo sacro, che forse da
      1400 anni è stato voluto dai devoti di S.ta Barbara, possa continuare ad
      accoglierli. 
      Don Tonino Carboni.
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