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CHIESA
DI S. MARIA DELLE PALME
Testo dell'articolo scritto e pubblicato nel 2004 sul
"Dialogo", quindicinale cattolico di informazione della
Diocesi Alghero - Bosa, da Don Tonino Carboni che ha consegnato il testo
originale autorizzandone la pubblicazione anche in questo CD.
L'
attuale chiesa parrocchiale di Aidomaggiore è dedicata alla Madonna, con
il titolo di Santa Maria delle Palme o ad Palmas, secondo la denominazione
giuridica.
Secondo una tradizione orale ben radicata nell' animo della gente,
antecedentemente, il titolare e il patrono della Parrocchia era San
Gavino, martire di Porto Torres. Esiste ancora di fatto una piccola chiesa
a lui dedicata, di impianto romanico. E' infatti orientata con l' abside a
est e la facciata a ovest; inoltre nei lavori di restauro voluti da Don
Niola alla fine degli anni "70 fu scoperta una finestrella di puro
stile romanico,nella parete dove si apre la porta laterale.
Non esistono in Parrocchia documenti scritti che attestino l' abbandono
del titolo patronale di S. Gavino ne il passaggio alla nuova titolare e
patrona S. Maria delle Palme.
lo sono convinto che qualche documentazione debba esistere. Non si può
infatti
cambiare facilmente il titolo e il patrono di una Parrocchia senza l'
autorizzazione del Vescovo e della Sede Apostolica. Perciò, o nella Curia
o nell'Archivio Capitolare di Oristano, da cui dipendeva Aidomaggiore fino
al 1803, o a Roma negli Archivi Vaticani, è possibile trovare qualche
notizia.
L' auspicio è che prima o poi, qualche studioso di storia locale, prenda
a cuore questa ricerca.
In mancanza di documentazione scritta, supplisce ancora la tradizione
orale. Dove sorge ora la chiesa parrocchiale, c'era un giardino con alberi
di palme, vicino ad uno di essi apparve la Madonna ad una ragazza muta,
chiedendole di far costruire una chiesa in suo onore. Da allora la ragazza
cominciò a parlare e fece conoscere al clero e al popolo il desiderio
della Madonna.
La richiesta fu bene accolta, anche per l'evidenza del fatto prodigioso di
una muta che poteva parlare; fu edificata la Chiesa e la Madonna, col
titolo delle palme, ne divenne titolare e patrona.
Questo fatto straordinario viene descritto e cantato dai fedeli nei
bellissimi e antichissimi Gosos, nella festa del 24 maggio:
Custu Templu de orazione
Pro Maria si fundesit
Faeddande una muda nesit
Pro divina ispirazione
"Fettasi abitatzione
pro tant'alta Imperadora"
Tale scena è anche rappresentata nella vetrata istoriata del rosone,
nella facciata della chiesa.
Non conoscendo la data storica dell'abbandono di S.Gavino per passare alla
nuova chiesa di S. Maria delle Palme, si può ritenere come probabile il
periodo fra la fine del 1400 e la fine del 1500.
Ciò si può dedurre dal fatto che in S. Gavino, nel presbiterio, sul lato
sinistro si apre un arco gotico aragonese, stile molto diffuso nel 1400.
Se tale arco risale a quel periodo, ciò vuol dire che allora la chiesa
era ancora ufficiata.
Si ha invece la prima documentazione dell'esistenza della Parrocchia di S.
Maria delle Palme negli atti di matrimonio del 1597 e atti di cresima
de11599.
Negli ultimi lavori della Chiesa Parrocchiale poi, nell ' attuale cappella
delle Anime,
denominata però da sempre altare della Neve, si è trovata la
pavimentazione con mattonelle in terracotta di piccole dimensioni ( cm. 25
x 25 e 27 x 20, spesse 3 cm. ), ad una profondità di circa 47 cm., che
sembrerebbero risalire alla fine del 1500 o primi del 1600.
Si sono pure trovate le fondazioni di un piccolo edificio quadrangolare
come pure nella parte opposta, nella cappella del Rosario si sono trovate
le fondazioni di 1 un edificio analogo, avente però anche l' apertura di
una porta con la soglia in trachite rossa come fosse il basamento di uno
stipite d'ingresso, con un incavo nel lato interno.
Siccome è stata scavata tutta la navata della chiesa, per poter fare il
vespaio, prima inesistente, si è trovato anche un altro pavimento più
recente, forse del 1700, ad una profondità di 23 cm., realizzato in
cocciopesto.
Quest’ultimo pavimento, c'era solo nella cappella a destra entrando,
dove c’è il Fonte battesimale ed in quella a sinistra dove c'è
l'altare di S. Lucia. Fra queste due pavimentazioni, cioè nella navata
centrale e nelle altre cappelle di S.Antonio e S. Cuore, il vuoto era
riempito di terra fino ad una profondità di 40 cm. .
A mio modesto parere si potrebbe pensare che la primitiva chiesa di S.
Maria fosse sicuramente più piccola dell’attuale. Forse prima era
formata dai locali che sorgevano sull' antico pavimento in terracotta e in
un secondo tempo sorse un’ altra Chiesa, dove è stato trovato il
pavimento in cocciopesto. Oppure da subito la Chiesa era formata dalla
costruzione con il pavimento in cocciopesto e gli altri due locali
servivano come "oratorio” cioè locali della confraternita del
Rosario e della confraternita della Madonna della Neve che dai registri
del 1600 sembra che fosse presente.
Prima dell' attuale edificio, ultimato nel 1869, il grande cultore di
storia locale e di storia sarda in genere, vera e appassionata memoria
storica del passato di Aidomaggiore, l’indimenticabile Sig. Michele
Cambedda, diceva che la chiesa non aveva l'attuale orientamento est-ovest,
ma quello nord-sud, quindi partiva dall'attuale sagrestia del SS.
Sacramento, che ha una muratura più antica del resto della chiesa,
continuava nella cappella del fonte battesimale e inglobava l'ingresso
della navata centrale e la cappella di S. Lucia.
Si hanno tante notizie riguardo alla Chiesa parrocchiale grazie al
benemerito parroco Sacerdote Antonio Mocci, che iniziò a compilare il
libro storico parrocchiale, fin dall’inizio del suo ministero il
28/12/1934, proprio descrivendo le varie fasi che portarono alla sua
costruzione.
Poiché l'edificio parrocchiale minacciava di crollare, fin dal 1846, le
celebrazioni religiose si svolgevano nella chiesa di S. Gavino, con grande
disagio del popolo.
In una seduta del Consiglio municipale, il 29/05/1851, il sacerdote
Raffaele Pala esponeva tali precarie condizioni e il Consiglio chiedeva
una perizia di competenti sulle reali condizioni della chiesa.
Dalle deliberazioni Municipali, risultano altre due sedute una il
29/11/1851 e una il 30/05/1852, aventi per oggetto la riparazione o la
costruzione ex novo.
Non era facile prendere una decisione perché i soldi di cui si disponeva
non erano molti e l’ amministrazione parrocchiale era tenuta dal
canonico prebendato del capitolo della Cattedrale di Bosa, il penitenziere
Pietro Maria Panzali.
Il parroco di Aidomaggiore è ancora oggi chiamato Vicario, proprio perché
era vicario, cioè faceva le veci, era al posto del canonico titolare.
Questi propone di vendere parte dei beni immobili della Parrocchia, che
allora ammontavano a £ 40.000.
In una seduta del 19/11/1865, fu presentato un progetto completo per una
nuova chiesa dell' architetto bosano Salvatore Cossu Uda. poiché la somma
occorrente per tale progetto sembrava eccessiva, fu fatto redigere un
nuovo progetto dall' architetto Carbarazzi Efisio che, dove possibile,
utilizzava parte della vecchia chiesa. Il Consiglio municipale decise per
questo, in una seduta del 05/05/1867 e i lavori terminarono nel 1869 .
Nel 1910/11 fu costruito l' attuale campanile a pianta quadrata, sulla
destra della facciata. Si accede alla cella campanaria con una bella scala
a chiocciola, formata da grosse pietre sporgenti dal muro. La cella ha nei
quattro lati una apertura ad arco tondo. Vi sono sospese due campane, la
grande rifusa nel 1967 al tempo di Don Cabiddu e la piccola rifusa nel
1974 da Don Niola e poi rifatta nel 1998 perché lesionata. Il campanile
termina con un cupolino e su due lati ha anche il quadrante dell'orologio,
che marca le ore. Si ricorda che le campane del nuovo campanile suonarono
per la prima volta in occasione del battesimo del Sig. Ziulu Antonio il
17/02/1911. Fu costruito dal muratore di Bosa Antonio Madeddu, a spese
della Parrocchia. Il Municipio diede i£. 500. In tutto si spese £. 1922.
Prima esisteva un semplice campanile a vela, nello spigolo della cappella
del Rosario, dove oggi c' è un contrafforte.
La facciata della chiesa è caratterizzata da quattro lesene: due alle
estremità e due vicino alla porta. Questa è incorniciata dall'
architrave e i piedritti in basalto nero scanalati. Sopra l' architrave c'
è un' altra cornice in trachite rosa, più aggettante, sorretta
alle estremità da due supporti. Al di sopra della porta c'è un grande
rosone sempre in trachite rosa. La facciata culmina con il timpano
delimitato nei tre lati da un forte cornicione. L 'altezza massima della
facciata esterna è mt. 11,63 e mt. 8,05 ai due spigoli laterali. La
larghezza della facciata più il campanile è di mt. 17,02. Ai due lati è
lunga mt. 21.
Entrando in chiesa, colpisce subito la notevole altezza della navata
centrale, che l'esterno non farebbe pensare, insieme con l'armoniosità e
le giuste proporzioni delle varie parti fanno apprezzare la nostra Chiesa
anche a chi vi entra per la prima volta.
L'interno al centro è lungo mt. 23,95, comprendendo la navata più il
Coro. La larghezza e di mt. 11,80 nella navata e di mt. 16 circa nel
transetto. L'altezza interna è mt. 11,50.
La pianta è a croce latina, con una sola grande navata centrale,
delimitata da due cappelle a entrambi i lati. Le cappelle sono ottenute da
pilastri a sezione cruciforme, terminanti con arco a tutto sesto. Le
cappelle comunicano fra di loro e col transetto con aperture ancora ad
arco a tutto sesto.
La navata è conclusa dall' abside quadrata, nella cui parete esterna c'
è una grande finestra rettangolare, con vetri istoriati rappresentanti la
discesa dello Spirito Santo sugli Apostoli. Su entrambi i lati esterni del
transetto, al di sopra degli altari, c'è una finestra rettangolare e le
due porte laterali, aperte in un secondo tempo, quando furono costruiti
gli altari del Sacro Cuore e di S. Antonio. Inizialmente le aperture
laterali erano in queste cappelle.
L' altare maggiore fino al 1963 era di trachite rosa pitturata, con tre
scalini, la nicchia centrale, due colonne con basi e i capitelli corinzi (
ora usati come porta fiori) e sormontate da un timpano triangolare. La
mensa era in marmo e così il tabernacolo, fatti nel 1938, quando il 31
maggio Mons. Frazioli consacrò solennemente la Chiesa, l'altare maggiore
e l'altare di S. Antonio da Padova, includendovi in entrambi le reliquie
di S. Gaudenzio, S. Severino e S. Giusta (saranno poste nella nuova
mensa).
Nel 1963 Don Cabiddu volle realizzare l' altare attuale in marmi pregiati
di grande valore artistico, dalla Ditta Bonfiglio di Oristano, spendendo
i. 900.000. E' formato da due gradini, una colonna per parte con capitelli
corinzi, concluso sopra da timpano triangolare. Come mensa si utilizzò
quella del precedente altare.Al centro c'è la nicchia con la statua
seicentesca della Madonna delle Palme. Questa si presenta in posizione
eretta, presumibilmente di scuola sarda del XVmo secolo (sarà dei nostri
Canopia?). Si può attribuire a tale periodo perchè nel restauro del viso
si è trovato, sotto il colore, un fondo di verdacciolo, come si usava in
quell'epoca. La Vergine sostiene con la mano sinistra il Bambino senza
vesti e benedicente con la mano destra e con la sinistra sorregge un
globo, cioè il mondo. Nella mano destra la Madonna porta la palma. Gli
abiti sono di colore blu e marron, decorato a estofado in argento meccàto
e i decori sono rifIniti a incisione.
Settecentesco è il coro ligneo molto lavorato e ben conservato, formato
da sei stalli per parte ed uno grande centrale sormontato da baldacchino.
Il coro ligneo e altre opere lignee, potrebbero essere opera di uno degli
scultori Canopia, famiglia di artisti, originari di Aidomaggiore, di cui
si conoscono almeno tre nomi. Juan Januario Canopia nel 1673 scolpì le
statue di S. Elena e S. Silvestro, esposte nell'altare maggiore del
santuario di S. Costantino a Sedilo. Mons. A.F. Spada fa sapere che questi
aveva bottega a Sassari. Paolo Antonio Canopia, operante alla fine del
1600 in vari paesi della Diocesi di Ales e sepolto in una sua chiesa, nel
1697 ha scolpito un crocifisso ligneo a Villacidro, appartenente al filone
gotico doloroso. Nel 1710 Pierantonio Canopia restaurò la statua di S.
Michele della chiesa campestre di Ghilarza ( da "il Guilcieri"
di Maria Depalmas Manconi).
Le opere lignee di Aidomaggiore potrebbero essere proprio di quest'ultimo,
che operava nel suo paese. Una conferma potrebbe venire da quanto diceva
il Sig. Paolo Mulas, di professione falegname, morto quando mancano
quattro mesi a compiere i 100 anni, che il coro era stato fatto da un suo
antenato.
Al di sopra del coro c' è una elegante nicchia in trachite rosa,
ricuperata certo dalla vecchia chiesa, simile a quella seicentesca di S.
Maria delle grazie.
Nel coro è presente un organo, molto grande. Presenta nel prospetto 19
canne a
cuspide in unica campata e 13 registri, con la tastiera di 58 tasti e la
pedaliera di 21 tasti, costruito verso il 1880 dalla Ditta Aletti di
Monza. La speranza e il vivo desiderio di tutti è che possa essere
restaurato. Ai tempi di Don Niola furono richiesti 70 milioni per farlo.
Ai due lati opposti del transetto ci sono due altari simili, costruiti
penso nell' 800, quando fu riedificata la Chiesa. Sono di trachite
pitturata in finto marmo. Appaiono abbastanza belli ed eleganti, formati
da due scalini, due colonne per parte con capitelli corinzi. Nella
transetto sinistro c'è l'altare con la statua della Madonna del Rosario.
Alla destra del suddetto altare, sopra la porta dell' oratorio della
Confraternita del Rosario, c' è una tela di notevole pregio artistico
raffigurante il volto e parte del busto di Gesù, con le due mani in primo
piano ed i polsi legati e la testa coronata di spine, denominato dal
popolo "Su Nazarenu". Pitturato a tempera su tela, colpisce in
particolare l'espressività del volto di Gesù e l'intensità dello
sguardo. Sul petto di Gesù c'è un riquadro bianco racchiudente una croce
a due colori, l'asse verticale rosso ed azzurro quello orizzontale,
simbolo dell' Ordine religioso dei Trinitari, che farebbe pensare ad un
collegamento con questo Ordine. La tela ovale è racchiusa in una cornice
molto lavorata di stile barocco, formata da fiori, foglie, festoni e
dipinta in foglia d'argento meccàta. Il quadro è racchiuso in una
mostra, questa è poggiata su un mensolone ligneo, sostenuto da due reggi
mensola. La mostra è composta da due lesene sormontate da una trabeazione
abbellita da una decorazione floreale centrale a rilievo, di colore
granato. Sopra la trabeazione c' è ancora una cimasa scolpita e
intagliata di forma floreale stilizzata. Il colore della mostra è di
tempera blu, colore molto usato in Sardegna all'inizio dell'800 per
mobili, porte e tavolati. Esiste una tela e una cornice simile nel
convento delle Cappuccine a Cagliari, sicuramente datato al 1600.
Nell' altare del transetto destro c' è un bel quadro ad olio raffigurante
le anime del Purgatorio, dipinto dal sacerdote di Santu Lussurgiu Don
Manca nel 1800 .Molto lavorata la cornice in legno intagliato.
Nelle cappelle si trovano entrando a sinistra l' altare di Santa Lucia in
marmo, in parte intarsiato, regalato nel 1951 dalla Sig.ra Licheri Marras
Maria Domenica e costruito dalla Ditta Del Rio di Macomer. Poi l' altare
marmoreo del Sacro Cuore regalato nel 1952 dalla Sig.ra Giovanna Maria
Spada e costruito dalla Ditta Bonfiglio di Oristano per £. 170.000. Di
fronte c'è l'altare in marmi policromi di S. Antonio da Padova regalato
nel 1937 dalla Sig.ra Marras Maria Domenica, costruito dalla Ditta
Dessalvi di Cagliari per £. 1900. Nella prima cappella a destra c'è il
fonte battesimale in marmo voluto da Don Cabiddu nel 1967 e acquistato a
Pietrasanta con £. 400.000, per sostituire l' antico battistero di cui si
conserva lo sportello in legno scolpito, raffigurante le palme e uno
stemma forse del vescovo di Oristano, presente in quel tempo. Questo
sportello è simile agli sportelli centrali della bellissima Paratora
esistente nella sagrestia. Nella parete dietro il battistero c' è un
artistico mosaico, raffigurante il battesimo di Gesù, regalato da Don
Nio1a nel 1984, per il 25° di sacerdozio.
Fra gli arredi pregevoli, da ricordare è anche la acquasantiera del 1648.
Molto belli i caratteri dell' iscrizione e della data, la base è in
trachite lavorata, il piede e la vaschetta in marmo pregiato.
Oltre alla Madonna delle Palme, ci sono altre statue di gran valore. Una
Madonna con bambino del 600, rassomigliante alla Madonna della Freccia
della chiesa di Valverde di Alghero. Anche questa è decorata a fiorame in
argento meccàto. San Raffaele col piccolo Tobia inginocchiato, statua del
600, scolpita finemente. E' stata ridonata alla Parrocchia da Cau
Michelangelo. Sant'Efisio è dell'800, per la sua festa c'è un legato che
deve adempiere il parroco pro tempore. San Pietro del 1600, posseduto
dagli eredi di Marras Michelino. La figlia Prof.ssa Raffaela l'ha fatta
restaurare a sue spese, riportandola alla Parrocchia. Questa famiglia cura
ancora oggi la celebrazione della festa. Esistono i ruderi di un'antica
chiesa di S. Pietro, officiata sino a metà "800. Pare che lì ci
fosse un'altra statua diversa da questa.
Nel 1966 fu costruita la grande e luminosa sagrestia su un orticello
appartenente alla Chiesa. Sotto la sagrestia c' è un saloncino per le
attività parrocchiali.
Nel 1967 furono fatti importanti lavori nell'interno della Chiesa. Rifatti
completamente gli intonaci interni con la conseguente cancellazione delle
pitture murarie ricordate con tanta nostalgia dalla gente. Tali pitture
fatte a tempera, dal pittore cuglieritano Antonio Meloni, rappresentavano
nell'abside la SS Trinità circondata da angeli. Altri angeli ornavano le
lesene dei pilastri. I muri erano decorati a fiorami e finto marmo.
Durante questi lavori fu eliminato anche il pulpito. Fu rifatta poi buona
parte della volta, che presentava una spaccatura longitudinale. Furono
costruiti in cemento armato i primi due archi e le volte rifatte in
prefabbricati. Prima, archi e volte, erano fatte in pietra. L' arco e la
volta del presbiterio e del coro sono ancora gli originali.
Dopo che l' Amministrazione Comunale è intervenuta per ben tre volte per
risanare il tetto, finalmente è riuscita ad avere un finanziamento di
circa 150.000.000 di vecchie lire per l' interno della Chiesa. E' stata
tinteggiata in tutte le parti, eliminando macchie di umidità. E' stato
realizzato un vespaio di 40 cm di spessore in prefabbricati, così da
rendere possibile l' aerazione tramite bochettoni di sfiatamento, è stato
predisposto l'impianto di riscaldamento sotto tutto il pavimento. La
pavimentazione è stata rifatta con nuovo marmo di Carrara bianco e nero
nella navata centrale e cappelle laterali, mentre nelle cappelle del
transetto è stato recuperato parte del marmo della vecchia
pavimentazione, sempre in marmo di Carrara bianco e nero del 1877, fornito
dalla Ditta Ugolini Andrea di Cagliari, con la spesa di £. 250.
Anche il presbiterio è stato completamente rinnovato e adeguato alle
nuove norme liturgiche. Su suggerimento di Mons. Carlo Chenis, segretario
della Pontificia Commissione beni culturali ecclesiastici e progetto
rielaborato dall' architetto Enna Rita, è stata tolta la vecchia mensa,
abbassato di un gradino per realizzare un piano uniforme. Si è fatta la
mensa in marmo candido, con intarsi raffiguranti le palme.
Analogamente all'altare è fatto pure l'ambone e la sede presidenziale. La
spesa del presbiterio è stata affrontata con i soldi pervenuti dall'
eredità della defunta Maria Osilo, dono della Sig.ra Maria Pala e della
somma data dal Sig. Virdis Mario. La spesa totale è stata di 19.000.
I lavori iniziati il 26 maggio 2003 con le funzioni celebrate sempre nella
vetusta Chiesa di san Gavino fino al rientro in parrocchia il I° venerdì
del mese di marzo, con una speciale celebrazione fatta dal parroco, in
attesa della venuta del Vescovo il 23 maggio, vigilia della festa della
Patrona S. Maria delle Palme, per la solenne celebrazione della
dedicazione dell' altare.
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