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Chiesa di Santa Greca
Testo dell'articolo scritto e pubblicato nel 2004 sul
"Dialogo", quindicinale cattolico di informazione della
Diocesi Alghero - Bosa, da Don Tonino Carboni che ha consegnato il testo
originale autorizzandone la pubblicazione anche in questo CD.
Questa
chiesa dista 6 Km da Aidomaggiore. E’ situata al centro di una fertile e
incantevole valle, che da una parte sfocia verso il lago Omodeo e dalla
parte opposta è sovrastata da un costone di collina, completamente
ricoperta da folta vegetazione boschiva.
Anche la collocazione ambientale e paesaggistica contribuisce ad
accrescere il particolare valore di questa chiesa e del sito circostante.
Perciò il luogo fu abitato e valorizzato fin dall’antichità. Lo
testimoniano i tanti nuraghi circostanti, le numerose urne cinerarie in
pietra basaltica nera e tanti altri reperti risalenti ad epoca romana.
Ciò fa pensare ad una continuità abitativa della località e quindi
anche, ad un luogo di culto, sorto in epoca imprecisata.
L’orientamento est – ovest la farebbe risalire al tempo in cui fioriva
lo stile romanico, nel primo periodo del secondo millennio dell’era
cristiana.
Secondo alcuni studiosi (Bonu – Maria Manconi) questa chiesa apparteneva
alla villa medioevale di Lokeri (o Likery) di cui parla la scheda 15 del
Condaghe di Santa Maria di Bonarcado, dicendo che Donnu Gunnari de Serra
su de Lokeri fa offerta al monastero.
Questa villa, che non appare più nel 1388 nell’elenco dei paesi che
firmavano la pace tra Eleonora d’Arborea e Giovanni d’Aragona ed anche
il Fara alla fine del “500 lo dice scomparso, probabilmente sorgeva
attorno alla chiesa come testimoniano alcune tracce di fondamenta di
costruzioni nel versante che dirada verso il lago Omodeo e cocci di
vasellame di vario periodo, oppure sorgeva poco distante da S. Greca
presso il sito denominato “Sa Mura ‘e Logu” ove si sono trovate
molte tracce di muratura, pietre lavorate e materiale di epoca romana.
Un manoscritto esistente nell’Archivio di Stato di Cagliari, fascicolo
intitolato: “Affari ecclesiastici della Diocesi di Oristano dal 1720 al
1822” Vol. 571, riportante il nome delle chiese della Diocesi di
Oristano, per Aidomaggiore parla della Chiesa campestre dedicata a Santa
Giusta, la martire che aveva dato il nome alla città sede del vescovo,
che governava anche questa zona, e ancora oggi è denominata così e
conserva la sua artistica ed antica cattedrale, anche se dal 1503 non è
più sede vescovile. Quel manoscritto riferisce che la nostra chiesa era
distrutta. Perché originariamente dedicata a Santa Giusta, la cui festa
ricorre il 14 maggio, perciò ad Aidomaggiore Santa Greca è venerata in
tale giorno, e non in uno dei giorni in cui è festeggiata a Decimomannu,
luogo del martirio e della tomba della nostra santa, cioè il 12 gennaio
giorno del martirio, il 1° maggio e l’ultima domenica di settembre,
quando vi accorrono anche 50 mila persone nei cinque giorni di
festeggiamenti.
Si conosce il motivo e il tempo in cui questa chiesa, oltre che a Santa
Giusta, è stata dedicata anche a Santa Greca e, col nome di questa santa,
è ora comunemente denominata. Probabilmente però S. Greca vi veniva già
venerata, se già si trovava in loco la sua statua. Dopo la ricostruzione
perde importanza il culto di S. Giusta e prevale quello di S. Greca.
Le notizie si ricavano dalla documentazione scritta lasciata dal parroco
Don Antonio Mocci, ricavata dai documenti in lingua spagnola, posseduti
dalla famiglia Putzulu, che ancora oggi esercita il diritto di patronato
su questa chiesa.
Il signor Demetrio Putzulu, particolarmente riconoscente a S. Greca per
avergli accordato la grazia della guarigione di un figlio malato, chiede
al Vicario Generale della Diocesi di Oristano, da cui allora dipendeva
Aidomaggiore, di poter ricostruire a sue spese e dedicare a S. Greca la
chiesa campestre di S. Giusta, distrutta da tanto tempo. Offre due
possedimenti, uno in località “Laccos” e l’altro in località
“Santa Giusta” con le cui rendite si possa celebrare la festa.
Il Vicario Sisternes, che governa la Diocesi perché la Sede è vacante,
risponde il 27 febbraio del 1796, accettando la richiesta e promettendo
che quando la Chiesa sarà restaurata e sarà fatto l’atto di dotazione,
dopo essersi accertato che tutto sia a posto, permetterà di benedirla e
celebrarvi i riti religiosi.
Quando tutto è stato fatto il signor Demetrio Putzulu informa il Vicario
e chiede che la Chiesa venga visitata, benedetta e dedicata oltre che a S.
Giusta anche a S. Greca.
Il Vicario generale scrive al Vicario foraneo, parroco di Paulilatino, il
18 febbraio 1800, autorizzandolo a visitare e accertarsi che tutto sia ben
fatto e poi benedire la chiesa secondo il Rituale Romano.
Il Vicario foraneo il 26 aprile 1800 dichiara di aver visitato la chiesa e
avendo trovato tutto in regola, di averla benedetta e dedicata a S. Giusta
e S. Greca.
L’atto di dotazione della chiesa fu compilato dal Notaio Giovanni Andrea
Mureddu, notaio pubblico in Ghilarza. L’archivio parrocchiale ne
conserva una fotocopia.
La Chiesa è formata da un’unica navata, larga m. 5,60 e lunga m. 15,35.
L’altezza è di m. 4,90 al centro e m. 4 ai lati. Il suo interno è
scandito da quattro campate, ottenute da tre arcate, che poggiano su
piedritti sporgenti dalle pareti di cm. 80 e di spessore di circa cm. 60.
L’ultima campata serve per formare il presbiterio, senza abside,
sollevato di uno scalino sul resto della navata.
Nel lato sinistro si apre una porta, per comunicare con la sagrestia.
L’altare antico è formato dalla mensa, da due scalini, al centro c’è
una doppia nicchia per contenere le statue di Santa Greca e Santa Giusta,
ai lati una colonnina che poggia su una base ed è sormontata da una
specie di doppio capitello. L’insieme è un po’ rozzo, perché prima
degli ultimi restauri le colonnine erano ricoperte di stucco, gli scalini
rivestiti di legno, mentre ora è tutto a pietra vista, anche se le pietre
in basalto nero non sono ben lavorate.
Non vi è tabernacolo per conservare l’Eucaristia.
Nella parete dove è addossato l’altare si apre in alto una finestra
semicircolare in pietra basaltica a vista.
E’ stata aggiunta una nuova mensa rivolta al popolo in pietra serena,
dedicata da Mons. Giovanni Pes il 13 maggio 1989 includendovi le reliquie
di Santa Giusta, San Pio X° e San Salvatore da Horta.
I tre archi a tutto sesto e i relativi piedritti sono realizzati in pietra
di basalto nero squadrate bene.
La copertura a due spioventi, ottenuta un tempo da semplice cannicciato
ricoperto di tegole, dopo il restauro è fatta a volta in prefabbricati e
copertura esterna con tegole curve.
Il pavimento, che resta un po’ abbassato rispetto all’esterno, è
realizzato in mattonelle di terracotta.
La volta e le pareti intonacate sono tinteggiate con una specie di colore
rosaceo, che contribuisce a rendere buiosa la chiesa, che prende luce
soltanto dalla finestra sopra l’altare e dalla porta centrale e una
finestrella rotonda che si apre sulla facciata a capanna, al cui vertice
c’è una croce.
Nell’apice della facciata posteriore, nel restauro è stato aggiunto
(non ce ne era mai stato) un campaniletto a vela, realizzato in
calcestruzzo. Tutto il paramento esterno è in pietra basaltica
nera.
Nel lato nord ci sono quattro vani attigui alla navata centrale, con i
muri divisori in corrispondenza alle spalle degli archi. La loro copertura
è la continuazione della falda del tetto della navata.
Questi vani sembra che siano ottenuti dalle antiche “Lozas”
trasformate successivamente in camerette o “Muristenes”, comunicanti
fra loro. Si accede a questi locali da due aperture esterne di cui una
frontale e l’altra laterale, ciascuna stanzetta è illuminata da piccole
finestrelle.
Il fianco sud aveva sino al restauro cinque contrafforti, in direzione dei
due muri frontali e dei tre archi interni, per reggere la loro spinta,
sono stai eliminati. Pareva forse non fossero più necessari per sostenere
la muratura, bastando i cordoli in cemento. Purtroppo delle spaccature si
sono aperte in vari punti dopo alcuni anni.
I restauri di cui si è accennato sono avvenuti fra il 1986 ed il 1989,
con un radicale e ingente intervento di circa duecento milioni di lire,
finanziato parte dalla Regione e in parte dalla Provincia di Oristano.
Già nella Carta di fondazione del Legato di Santa Greca e Santa Giusta si
parla di ricostruzione della Chiesa, diroccata a causa di un fulmine.
Forse, più che un fulmine, la chiesa era in rovina perché costruita su
terreno friabile, senza fondamenta poggianti sulla roccia, con muri fatti
per la maggior parte di pietre di piccole dimensioni e legate fra loro da
malta di fango. Si ricordano tanti altri interventi parziali di restauro,
finchè, dopo una lunga chiusura al culto di circa 30 anni, si è giunti
agli ultimi restauri.
Questi sono consistiti in un cordolo in calcestruzzo lungo i muri interni
ed esterni, il rifacimento parziale di muratura pericolante, un cordolo in
cemento armato lungo tutta la sommità dei muri, rifacimento della
copertura a volta, vespaio e nuova pavimentazione, rifacimento intonaci,
rinforzo, pulitura del paramento murario esterno per renderlo con la
pietra a vista.
Il restauro ha reso la chiesa esteticamente più attraente e più bella,
inserita in un ambiente naturale ancora integro, con scorci panoramici
veramente suggestivi.
Tutto questo si presta molto bene per la valorizzazione turistica del
sito, così come è intenzione e già sta operando l’Amministrazione
comunale.
E’ vivo desiderio di tutti, e se ne auspica l’attuazione, che la
famiglia, che ancora oggi detiene il Patronato della chiesa, la conceda
definitivamente e totalmente alla giurisdizione della Parrocchia.
Le persone più avanti negli anni ricordano con nostalgia, le grandi feste
che vi si celebravano fino ai primi anni 60, prima dell’abbandono così
lungo. Oltrechè da Aidomaggiore, venivano numerosi fedeli da Sedilo, Zuri,
Soddì e altri paesi del circondario. Altri poi vi erano presenti per i
lavori agricoli in terreni tanto fertili, facendo in modo di farli
coincidere proprio con i giorni delle novene e della festa.
Nei primi decenni del secolo scorso si faceva una fiera di cavalli con le
immancabili bancarelle delle nostre feste paesane e le gare a premio di
ballo sardo tra i migliori ballerini dei diversi paesi. Oggi non vi
accorrono più tante persone, come purtroppo avviene ormai in tante feste
celebrate nei nostri paesi. Si arriva in fretta in macchina, si sta un
po’ e poi via di corsa. Per la nostra festa però c’è da dire che
sebbene non vengano numerosi fedeli come un tempo, suppliscono la loro
assenza i tanti devoti di Decimomannu, che vengono ad onorare la loro
Santa concittadina, in questo luogo così bello e attraente. Il loro
pellegrinaggio è iniziato dal 1991, dopo che il parroco di Aidomaggiore
ottenne dal parroco di Decimo una Reliquia di Santa Greca, donata
alla numerosa delegazione di fedeli guidati dal parroco nella festa
di settembre del 1990.
Si stabilì una sorta di gemellaggio fra le due comunità, scambiandosi la
visita nelle rispettive feste.
Le statue di Santa Greca e Santa Giusta attualmente venerate sono state
comprate negli anni cinquanta. Le precedenti di grande pregio erano:
quella di Santa Giusta del 1500 e quella di santa Greca del 1795, ora sono
conservate dalla famiglia che ha il Patronato della chiesa.
Negli scavi per realizzare il vespaio del pavimento è stata ritrovata una
piccola statua in legno. Né la famiglia che ha il Patronato né altre
persone ne ricordano l’esistenza. Sarà stata dimenticata in uno dei
tanti abbandoni della Chiesa. Voleva rappresentare Santa Giusta o Santa
Greca? Forse era la piccola statua usata dal custode delle chiese
campestri sarde: “S’Eremitanu”, quando andava a fare la questua nei
paesi vicini e nell’ultima sera della novena, dopo il canto del Rosario,
la statuetta veniva portata per la visita ai “muristenes” dei
noveranti. Dopo la riapertura al culto, questa statuetta è venerata come
Santa Greca e sistemata in modo tale che i devoti possano fare i soliti
atti di omaggio.
E’ da ricordare che la Novena è stata sempre celebrata dai fedeli,
senza la presenza del sacerdote. Nel passato, molte persone dimoravano
stabilmente nei muristenes per tutta la novena, altre vi si recavano
quotidianamente a piedi.
Si pregava S. Greca in particolare nei periodi di siccità, per invocare
la pioggia. Nei Gosos si canta così: “Dadenos abba abbundante………
Proprio per invocare la pioggia il parroco Don Tonino, nel febbraio 1995,
riunì circa una settantina di soli uomini e fu celebrata la messa e
benedetti i terreni circostanti.
Si invocava ancora S. Greca per i piccoli che tardavano a parlare.
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