AIDOMAGGIORE
NELL'OTTOCENTO
Dopo
le famose chiudende che ebbero luogo in Sardegna versa la fine
del Settecento, quando G. M. Angioj pagò con l'esilio il suo
tentativo di ribellione contro la tirannide feudale, anche
Aidomaggiore ebbe i grossi proprietari terrieri, dei quali i più
importanti furono: Pitzalis, Marras, Vidili e Sanna. In questo
frangente, anche la popolazione di Aidomaggiore vide aumentare
la carestia: infatti il patrimonio del paese era praticamente
amministrata da queste poche famiglie.
Nel periodo delle piogge
invernali, molti contadini erano costretti alla disoccupazione,
offrivano perciò spontaneamente il loro aiuto alle famiglie di
signori, dalle quali venivano sfruttati, lavorando con la servitù
per accudire alle esigenze del bestiame; ma mentre il loro
intento era quello di portare qualche piccolo aiuto alle proprie
famiglie, spesso la ricompensa si riduceva ad una semplice
merenda e ad un paio di bicchieri di vino.
Bisogna riconoscere però che erano tempi difficili anche per
queste famiglie benestanti, dato che la loro ricchezza
consisteva in terreni e bestiame, (in linea di massima, la
manodopera veniva pagata in natura) poiché la moneta
scarseggiava, essendo il commercio pressoché inesistente. Due
di queste famiglie benestanti, anzi, ogni settimana, facevano il
pane in casa appositamente per distribuirlo alle persone più
bisognose, che in certi periodi mancavano del minimo
indispensabile per il sostentamento.
Nella prima metà dell'Ottocento, Don Bachisio Pitzalis, si fece
costruire un maestoso palazzo a due piani, il quale dominava
tutte le altre casupole e palazzine e tuttora rimane una delle
più imponenti e severe costruzioni di Aidomaggiore. Dopo il sua
matrimonio con la Dama di Corte, Donna Mariantonia Nater Satta,
questo palazzo veniva e viene tuttora chiamato dagli abitanti di
Aidomaggiore, «su palazzu 'e sa Dama», cioè il palazzo
della Dama...
Il paese, la cui popolazione si aggirava sui 1500
abitanti, continuava ad essere in disastrose condizioni: le
strade ancora in terra battuta e assenza di qualsiasi struttura
di organizzazione sociale. Per vedere realizzate quelle minime,
indispensabili opere pubbliche che dessero al paese una spinta
verso il vivere civile, bisogna arrivare alla fine
dell'Ottocento.
|